Decreto ristori, la bozza sul sostegno di Draghi: il premier ha il braccino corto

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Ieri è circolata la bozza del decreto sostegni che il governo di Mario Draghi dovrebbe portare in consiglio dei ministri la prossima settimana, ed è nato un vero putiferio. Il testo è incompleto, con molti articoli vuoti e ovviamente per darne un giudizio definitivo dovremmo aspettare qualcosa di meno abbozzato. Ma ad avere incendiato tutti è stato il testo del primo articolo, quello che va a sostituire i ristori del precedente governo di Giuseppe Conte. In gran parte ne ricalca il meccanismo di risarcimento parziale delle perdite di fatturato subite, in altra ne allarga molto l’applicazione archiviando i codici ateco dei beneficiari ed estendendoli a tutte le cosiddette partite Iva con un fatturato 2019 inferiore ai 5 milioni di euro. Il risultato è che vengono stanziati 9,475 miliardi di euro per compensare le perdite subite nei mesi di gennaio e febbraio.

La somma è circa tre volte quella stanziata per questo scopo da Giuseppe Conte con i suoi 4 decreti ristori varati fra novembre e dicembre. Secondo i pagamenti comunicati dall’Agenzia delle Entrate infatti sono stati erogati 2,985 miliardi di ristori automatici e 300 milioni di ristori a seguito di istanza, per un totale di 3,285 miliardi. Solo che ampliando la platea dei beneficiari, a ciascuno in realtà arriverà una somma minore – anche della metà – di quella percepita per le chiusure di novembre e dicembre. Ed è ovvio che non la si prenda bene. Il meccanismo è quello esistente fin dal decreto del maggio scorso: un indennizzo erogato a imprese e partite fisiche che non abbiano superato nel 2019 i 5 milioni di euro di fatturato, e che abbiano perso a gennaio e febbraio 2021 più di un terzo del fatturato registrato nello stesso identico bimestre del 2019, quando la pandemia ancora non esisteva. L’indennizzo resta come è stato fin qui quello del 20% per imprese con fatturato non superiore a 400 mila euro annui, del 15% per chi aveva ricavi compresi fra 400 mila euro e un milione di euro e del 10% per chi aveva ricavi fra 1 e 5 milioni di euro.

Non c’è bisogno di essere grandi matematici per capire che se in un ristorante o in un albergo ho perso un milione di euro di fatturato, se lo Stato mi compensa con 100 mila euro si è risolto poco o nulla della mia condizione. Attenzione: stiamo parlando di fatturati, non di guadagni. E se questi risarcimenti accompagnano chiusure che vanno avanti ormai da un anno con la sola eccezione del periodo estivo, si fa evidentemente fatica a restare in piedi. E’ vero che ci sono altri aiuti, come la cassa integrazione Covid al personale che altrimenti sarebbe in esubero vista la scarsa attività (ma il 20% è comunque pagato dal datore di lavoro). E che la possibilità di andare avanti tenendo aperte queste piccole aziende è arrivata anche dal rinvio del pagamento di tasse locali e nazionali che peraltro difficilmente si sarebbero onorate in questa condizione. Ma quelle somme prima o poi sono da pagare, e quindi non offrono via di uscita se non temporanea. Non c’è dubbio: le proteste sono più che motivate. Fosse accaduto a me sarei stato il primo ad infuriarmi. E il fatto che la musica non sembra cambiare con il nuovo governo e con una maggioranza di cui facevano parte anche forze politiche che hanno cavalcato la mia furia nei mesi scorsi, non farebbe che aumentare la rabbia.

Avevo letto fra le indiscrezioni delle settimane scorse l’ipotesi di una novità che Draghi avrebbe avuto in testa: caricarsi sulle spalle alcune spese fisse che questi piccoli e medi esercizi commerciali faticano a pagare, come quella degli affitti. Il governo precedente aveva invitato i proprietari degli immobili a concordare sconti a quegli inquilini vista l’emergenza del momento. Ma è stato per lo più un buco nell’acqua. Bisogna dire anche che in un anno così particolare pochi italiani hanno rinunciato davvero a qualcosa offrendo un contributo alla emergenza del Paese. Lo sforzo anche in termini di vite offerto da medici e infermieri non ha visto generosità pari in altre categorie. Però nemmeno lo Stato e gli enti pubblici da padroni di immobili affittati da ristoranti o alberghi hanno concesso sconti straordinari per la situazione. Accompagnare i ristori con questa misura di sgravio degli affitti per tutti gli esercizi commerciali che hanno perso così tanto non era cattiva idea. Ma la misura nella bozza del decreto non c’è. E qualcosa di più serve.

Come il pane, come i vaccini salva vita un vero risarcimento a chi ha perso quote importanti di ricavi è urgente e non più rinviabile. Chi ne ha diritto si aspettava anche qualcosa in più per compensare le perdite avute e non risarcite nel 2020, ma sappiamo bene che la carta moneta non si stampa e le risorse a disposizione sono poche. Però si deve tenere conto che migliaia di esercizi commerciali sono entrati nel 2021 con le ossa rotte e le stampelle per reggersi in piedi: i ristori ipotizzati dalla bozza del governo Draghi non sono sufficienti. E governo nuovo con ricette vecchie non è un buon modo di partire.