DONNE AI MARGINI DEL PNRR

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Marginali nell’elaborazione e quindi anche nella programmazione e nelle soluzioni individuate

Il Pnrr, nel delineare il progetto di Paese che verrà delude le aspettative delle donne ma anche i propri propositi di mobilitare le energie femminili ripercorrendo schemi e politiche già viste. Su tutti il destinare ingenti risorse alle infrastrutture materiali e poco a quelle sociali come riconosce lo stesso Piano quando spiega: “La focalizzazione del Ngue (Next generation Ue, ndr) sulla transizione ecologica, le infrastrutture per la mobilità sostenibile, le reti di telecomunicazione e la digitalizzazione tende ad incrementare maggiormente l’occupazione maschile”. Dato non trascurabile, ai fini di un’analisi in chiave di genere del Pnrr, soprattutto se si pensa all’andamento drammatico dell’occupazione femminile italiana accentuatosi negli ultimi mesi.

 

Una débacle che sarebbe un po’ troppo semplicistico attribuire alla crisi pandemica la quale, semmai, ha avuto la funzione di far precipitare ed esacerbare criticità già in essere: la cronica difficoltà a conciliare vita familiare e cura soprattutto dopo la maternità, come dimostrano le dimissioni volontarie delle lavoratrici in crescita o il cortocircuito dad/smart working, il lavoro irregolare e sommerso, la precarietà, le mancate progressioni di carriera, il differenziale salariale.

Un Piano straordinario con risorse imponenti avrebbe dovuto puntare a risultati ambiziosi e significativi per l’occupazione femminile come prendere a obiettivo il tasso medio europeo che si attesta oltre il 60% a fronte del 49% italiano (che nel Mezzogiorno e nelle isole precipita tra il 32 e il 33%) e provare a incidere anche dal punto di vista culturale per spazzare via quelle dinamiche che alimentano l’emarginazione e la segregazione delle donne dai e nei luoghi di lavoro.

Susanna Camusso e Esmeralda Rizzi
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