“Dpcm finalmente robusto, ma tardivo”. Alessandro Vespignani

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Alessandro Vespignani, fisico italo-americano, esperto di modelli predittivi basati su algoritmi matematici, direttore del laboratorio della Northeastern University di Boston, per un commento sul nuovo Dpcm. Lo scienziato partecipa a un evento online all’interno del Festival della scienza di Genova, nel quale parlerà proprio di come si possa “predire” l’andamento di una curva pandemica.

Professore, ieri è arrivata per l’Italia una nuova stretta. A suo avviso, le nuove misure basteranno per fermare la curva esponenziale dei contagi?

È il primo, dei pacchetti varati finora, “robusto”, con una grossa incidenza sulla vita delle persone. Se sarà rispettato la curva tra due settimane dovrebbe attenuare la sua crescita. Una crescita che per ora è non-lineare e che è urgente normalizzare. Le misure finora intraprese sono state leggere, interlocutorie; diciamo che forse fare un pacchetto più sostanzioso nelle settimane precedenti avrebbe aiutato. Emanare spesso dpcm, inoltre, non aiuta la comunicazione e la comprensione di quello che accade alle persone. E in realtà, neppure la curva epidemiologica.

Palestre, piscine, bar, ristoranti, cinema, teatri, in sofferenza e in chiusura con il nuovo dpcm. Sono luoghi dove è alto il rischio contagio?

Misure che sono state sicuramente valutate con attenzione. Però vorrei fosse chiara una cosa: i comitati tecnico-scientifici mettono davanti alla politica un raggio di possibilità, pedali da schiacciare che riguardano i settori della vita quotidiana: scuola, trasporti, attività produttive, commerciali. Il dpcm opera poi su scenari possibili delle scelte politiche, sacrificando un settore piuttosto che l’altro; vi sono diversi modi per lavorare sulla curva epidemiologica e sul contagio, che possono portare agli stessi risultati. Tutte le scelte fatte nei dpcm sono scelte politiche basate su una “rosa” di possibilità scientifiche. La stessa politica deve poi garantire degli aiuti a chi viene penalizzato.

Quale potrebbe essere lo scenario se queste misure rimanessero invariate da qui a un mese?

Diciamo che la curva dovrebbe normalizzarsi. Dopo, sarà importante concentrarsi su due cose, sostanzialmente: una, quella di poter calibrare gli interventi e le misure restrittive sulle realtà territoriali. Penso che i grandi centri urbani hanno bisogno di contenimento epidemiologico in maniera del tutto diversa dalle realtà dei piccoli centri. Inoltre sarà fondamentale, non appena la curva lo permetterà, ritornare a fare testing per riprendere il contatto con il territorio.

Quale invece potrebbe essere lo scenario della curva con un ritorno a lockdown totale come nello scorso marzo?

Se mi chiede dal punto di vista scientifico, non posso che dirle che con il lockdown di marzo, la curva avrebbe una discesa certa. Ma sarebbe una sconfitta per cui qualcuno dovrebbe prendersi le responsabilità morali e politiche. Sicuramente se salta il sistema sanitario e la situazione diventa ingestibile, è l’unica soluzione. Ma sarebbe davvero grave tornare al lockdown.

Guardando al futuro, come, a suo avviso si può gestire al meglio una curva di contagi che rischia l’impennata ogni volta che le maglie si allargano e si torna a una vita “normale”?

Dobbiamo pensare alla convivenza con il virus come ad una maratona, non come ad uno sprint. Non facciamo l’errore di questa estate: il virus non smette, non va via. Bisogna immaginare dei mesi nei quali le “ondate” possono essere contemplate nella “vita” del Covid-19: recrudescenze, condizione favorevole del freddo, e occasioni “sociali” come le feste natalizie. A tutto questo bisogna essere preparati e pazienti.

Un po’ come negli Stati Uniti, dove si parla di “terza ondata”.

Gli Stati Uniti in realtà non hanno mai avuto tregua, si trovano adesso, come tutti, in una risalita autunnale del virus. Tutto è molto complicato e precario fino alle elezioni, dal punto di vista delle scelte politiche. Anche da noi, siamo su una strada dissestata, ricca di insidie. E anche qui saranno fondamentali le politiche, i comportamenti individuali, la pazienza.

All’interno di un evento del Festival della Scienza di Genova, si occuperà di modelli predittivi fondati su algoritmi matematici. Che costo di vite umane potrebbe avere la pandemia?

Non sono numeri che si possono “predire” questi. A seconda delle decisioni politiche degli stati, che si baseranno su quel delicato equilibrio tra salute pubblica, economia e lavoro, il numero dei decessi cambierà. Dipenderà da quanto si lascerà “correre” il virus. Possiamo proiettare degli scenari, null’altro. Il vaccino rappresenta uno step fondamentale; si dovrà ragionare, per esso, in termini globali e con politiche globali. E affrontare con grande maturità il primo problema che porrà: la sua distribuzione.