Dror A. Mishani – Un’ipotesi di violenza – Milano, Guanda, 2015, 302 p. (195)

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L’ispettore Avraham è un poliziotto israeliano di Tel Aviv, molto umano, che commette errori nella vita ed anche nelle indagini. Nell’ultima, prima di questa trattata dal libro, ha commesso errori, che ammette al suo capo, Ilana, ed anche a se stesso, al punto tale che patisce e cade nel dubbio di sbagliare anche in questo secondo caso, condizionando pure i rapporti con la sua fidanzata, Marianke, che vive a Bruxelles e dovrebbe trasferirsi da lui. Ma poi, si affida al suo collaudato istinto e rimedia agli errori.

Tutto inizia con una valigia/bomba depositata davanti ad una scuola materna, e con una piccola incongruenza di un testimone, un papà, Sara Chaiim, che ha avuto il bimbo schiaffeggiato dalla maestra/direttrice, Chava Cohen, e la cui moglie filippina, Jennifer Salazar, è scomparsa. Questi tre episodi si legano solo in questo punto, ma sono a loro volta sviluppati su piani differenti e legati a delitti diversi che “Avi” con molta fatica risolverà nel loro difficile intreccio di trama che lega molto strettamente forti passioni e debolezze umane.

Il bello di questo giallo è proprio la “normalità” del protagonista, con i suoi dubbi oltre che col suo sbagliare, con il suo fiuto – più che con la sua logica -, con il profondo interesse a capire e dosare le emissioni di emozionalità dei personaggi e con le sue parole e i suoi comportamenti. Lui non ha ancora le prove, pure sa chi è il colpevole; non conosce ancora il movente ma sa che esso c’è e si nasconde da qualche parte: tocca a lui scoprire dove; sa anche che quel sospettato, il primo, non gliela conta giusta e dovrà faticare per fargli dire la verità.

Ecco quindi come con pazienza fa nascere la tela del ragno da tessere con attenzione, con cui provocare reazioni, smuovere comportamenti e finalmente catturare i colpevoli. Colpevoli che – per sua sfortuna – non si dimostrano tali, recitando un comportamento talmente normale da farlo dubitare del suo fiuto e quasi ritirarsi in buon ordine, obbedendo alla sua “capa”. Fortuna però vuole che Avraham, d’accordo col capo poliziotto filippino, l’ispettore Garbo, trovi una “soluzione legale” alla disobbedienza, con un’azione che lo porterà lentamente e con difficoltà, ma con fermezza, alla giustizia finale, ricevendo persino un pubblico encomio e forse una meritata promozione.

Aspetti non secondari, ben trattati da Mishani, sono le componenti umane, emotive, di un padre troppo vecchio per essere padre, di una giovane che cade nelle mani di un violento che la plagia e di un innamorato – lo stesso Avraham – che si scopre geloso, molto legato ai sentimenti e decisamente convinto di voler sposare la sua donna, a cui vuole molto bene.

Romanzo scorrevole e delicato, con personaggi che si impara presto ad amare (o ad odiare) che qualcuno (il tedesco De Morgen) ha definito “Un romanzo vicino alla perfezione”.

Franco Cortese Notizie in un click