È Vespa il padrone della Rai

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Se ne doveva andare Bruno Vespa e invece se n’è andato Luigi Di Maio. Basta questo per spiegare – meglio di tante raffinate analisi politiche – la parabola dei Cinque Stelle. La forza che aveva promesso un profondo cambiamento nel Paese ha tollerato che restasse intatto l’emblema più visibile, quasi sacro, della conservazione del vecchio potere, esposto come una reliquia e persino omaggiato da chi doveva mostrare anche simbolicamente che si voltava pagina.

Invece Vespa continua a fare il dominus del grande intrattenimento politico della rete ammiraglia Rai, esattamente come dieci anni e venti anni fa, inamovibile mentre passavano i direttori generali e i governi cambiavano colore. Ora tutti sanno che il Movimento ha pagato un prezzo altissimo per l’ostilità della grande informazione, ma il peggiore spot possibile se l’è mandato in onda sa solo, non una volta ma tutte le sere che accendendo Rai1 l’Italia ha visto che qui non cambia niente. Uno spot devastante, anche quando andavano Di Maio, Conte e i suoi ministri, perché lì – indipendentemente da ciò che si sarebbe detto nel programma – c’era la prova provata della resa incondizionata al sistema.

E questo non solo perché Il conduttore di Porta a Porta (all’epoca direttore del Tg1) resta nella storia anche per aver indicato nella Democrazia Cristiana il suo editore di riferimento, vagamente al contrario di un maestro come Montanelli, che considerava suoi editori i lettori o il pubblico.                                           (di Gaetano Pedullà – lanotiziagiornale.it)