Educazione finanziaria, 1 “nativo digitale” su 2 senza le nozioni base sul risparmio e troppo esposto alle truffe online

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La maggior parte degli universitari ammette (e dimostra) di avere poca confidenza con le tematiche finanziarie, circa la metà confessa di aver subito truffe online. Solo il 40% ha un conto corrente personale, in 1 caso su 2 scegliendo la stessa banca dei genitori; del resto, il 55% riceve il denaro proprio da loro. Sarà anche per questo che, secondo una ricerca svolta su 2.500 under30 da
Skuola.net in collaborazione con UniCredit, il deficit in “financial literacy” emerso tra i quindicenni italiani nell’ultimo rapporto Ocse PISA sembra non essere colmato dai loro “fratelli maggiori”. A pochi passi dalla ‘vita vera’ eppure ancora troppo impreparati ed esposti ai pericoli. Sono i nostri ventenni quando si trovano a dover gestire i propri soldi e, di conseguenza, a doversi difendere da
raggiri, frodi e incidenti di percorso che, complice la loro presenza costante in Rete, sono costantemente in agguato. Basti pensare che, in media, solo la metà di loro padroneggia le nozioni più elementari su risparmio, interessi, potere d’acquisto della moneta. E nonostante siano nativi digitali, una quota simile – 1 su 2 – confessa di aver subito almeno una volta una truffa online o un furto d’identità e la cosa peggiore è che il 90% ammette che poteva evitarlo, se avesse adottato le giuste precauzioni. A far emergere la necessità di dedicare più attenzione nella formazione dei giovani su queste tematiche è l’Osservatorio sull’Educazione finanziaria, realizzato da Skuola.net in collaborazione con UniCredit – con il supporto di EbiCo, spin-off accademico dell’Università di Firenze – intervistando 2.500 giovani under30 che attualmente frequentano l’università. Partiamo dalla financial literacy, più sale il livello delle competenze richieste più il fallimento è dietro l’angolo. Sono bastate poche semplici domande: oltre 6 su 10, ad esempio, non sanno calcolare un ipotetico rendimento delle somme depositate in banca; circa 4 su 10 non riescono a valutare il ”peso’ degli interessi su un finanziamento; oltre 7 su 10 si perdono nella trasformazione del tasso d’interesse in somme reali. Ma, in fondo, ne sono consapevoli visto che 4 su 5 “sanno di non sapere”. Ancora peggio, come visto, se passiamo al capitolo truffe online: solamente il 38% dichiara di saper riconoscere al volo le frodi più diffuse e un altro 54% di conoscerle solo in parte; quasi 1 su 10 dice di essere a digiuno sul tema. Numeri che, più o meno, tornano quando ci si addentra nell’argomento: circa 6 su 10, ad esempio, non sanno che il ‘phishing’ si realizzi attraverso messaggi di posta elettronica. E siamo di fronte alla più comune. Con le altre tipologie, infatti, la situazione precipita: meno di 4 su 10 sanno che il ‘vishing’ è una truffa che utilizza una chiamata telefonica per colpire oppure che lo ‘smishing’ sfrutta gli SMS. Dati, quelli appena elencati, che danno almeno un paio di informazioni. La prima: i giovani italiani, crescendo, non riescono a colmare l’enorme deficit di conoscenze finanziarie certificato dal Rapporto Ocse Pisa, che fotografa la situazione tra i 15enni: l’Italia consegue un punteggio medio di 476 punti, inferiore a quello medio dell’area Ocse (505), con circa 1 studente su 5 che non possiede le competenze minime necessarie per prendere decisioni finanziarie responsabili e ben
informate (low performer). La seconda: il fatto di essere nativi digitali li induce, forse, ad aver un’eccessiva fiducia nei propri mezzi; che finché si tratta di usare il web per l’entertainment non crea problemi, tutt’altra faccenda quando si parla di soldi. A mancare è soprattutto l’allenamento. Perché, nonostante l’età, gli universitari tendono ancora a demandare la gestione degli affari economici ai genitori. Solo il 40% ha un conto (bancario o postale) personale, a cui va aggiunto un 17% che utilizza esclusivamente strumenti meno impegnativi (libretti, wallet digitali, carte prepagate). Non solo, tra i possessori di un conto corrente, circa la metà (47%) ha scelto la stessa banca di mamma o papà. Ecco spiegato anche perché in 9 casi su 10 si tratta di un conto tradizionale o misto (gestibile online ma anche nelle filiali fisiche).
UniCredit – Public
Alla base una doppia ragione. Da un lato la circostanza che il 55% di loro vede crescere il proprio saldo principalmente grazie al denaro ricevuto (direttamente o indirettamente) da genitori e parenti (per fortuna il 45% già si dà da fare con lavoretti vari); avvalorata dal fatto che il 28% trova nella tradizione famigliare la spinta decisiva verso quel tipo di istituto o conto. Dall’altro la necessità di avere un punto di riferimento più strutturato in caso di problemi: è la motivazione chiave che porta all’apertura del conto tradizionale o misto per oltre 6 su 10 (il 36% vuole avere sempre un referente ‘in carne e ossa’ a cui rivolgersi, il 12% lo fa per una questione di sicurezza, il 9% per evitare di operare solo online, il 3% per rimediare a eventuali errori). Tutto questo si traduce in un attaccamento al contante che persiste anche in una generazione abituata a stare costantemente con lo smartphone in mano o davanti lo schermo di un computer. Così, sebbene la maggior parte accede ai conti correnti, oltre un terzo degli universitari (36%), per
le spese quotidiane, usa perlopiù banconote e monete. Tra gli altri metodi spiccano, come prevedibile, carte ricaricabili e prepagate (24%), seguite dai sistemi contactless via mobile (22%), con carte di debito o di credito relegate in fondo (le usa di frequente solo il 18%, quindi anche molti possessori di conti correnti). Una scarsa dimestichezza con la moneta virtuale che non li fa ragionare in prospettiva. Spesso si vive quasi alla giornata o comunque con una prospettiva a corto raggio. Circa 4 su 10 ammettono di non riuscire a risparmiare granché delle entrate mensili (1 su 5 tende addirittura a spendere più di quello che potrebbe, erodendo il credito). Questo non vuol dire che non cercano di accantonare qualcosa, anzi: 3 su 4, praticamente tutti quelli che mettono da parte un minimo ogni mese, lo fa per finanziare un progetto personale. Peccato che, nella maggior parte dei casi, è più per obiettivi
a breve termine (automobili, moto, vacanze, tecnologia) che di lungo periodo (casa, formazione, ecc.). Quasi ignorate pensioni integrative (ci pensa solo il 34%) e assicurazioni personali (valutate dal 38% del campione). “I giovani, il loro approccio al mondo bancario e del risparmio in generale – commenta Remo Taricani, Co- CEO Commercial Banking Italy di UniCredit – sono un tema di grande interesse per UniCredit. Per questo la nostra banca ha investito e investe molto nello sviluppo dei canali digitali che consentano un utilizzo semplice e un accesso veloce, come la nostra nuova App mobile i cui utilizzatori sono cresciuti da dicembre a oggi quasi del 16%. Abbiamo anche lanciato più di due anni fa buddybank, nuovo modello di banca di UniCredit, disegnato esclusivamente per smartphone che prevede una serie di servizi tarati proprio su questa tipologia di clienti con un’attenzione costante alla sicurezza oltre che alla usability, nonché attivato strumenti di pagamento innovativi come Apple Pay, Google Pay e Samsung Pay. I risultati della Survey che presentiamo oggi ci mostrano che 1 “nativo digitale” su 2 ha ancora però carenze sul fronte della “financial literacy” ed è troppo esposto alle truffe online. Proprio in quest’ottica è nato il nostro programma Save4Young, in collaborazione con un partner di prestigio nel settore come Skuola.net. L’iniziativa è parte della nostra Banking Academy che da più di 10 anni si occupa di educazione bancaria e finanziaria e lavora e lavorerà proprio sull’education finanziaria dedicata ai giovani, perché la nostra idea di un futuro sostenibile deve guardare principalmente a loro”.