ELEZIONI PALESTINA. ISRAELE NON IMPONGA DIKTAT

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Questa grande opportunità di cambiamento non deve essere bruciata. Le elezioni di quest’anno hanno l’opportunità di cambiare, se non la storia, almeno l’indirizzo di governo dei due territori. Eppure siamo ancora lontani.
Ad iniziare con Israele con la sua svolta per l’estrema destra, finendo in Palestina, con Barghouti, nipote di Arafat e da diciannove anni in carcere, i due popoli mostrano ancora una volta diverse visioni politiche e poca voglia di collaborare.
Una opportunità sprecata che mette in evidenza, più di altri, un fattore irritante: l’annuncio del coordinatore israeliano Kamil Abu Rukun sul Times of Israele di “fermare tutto” se Hamas vincerà le elezioni in Palestina esortando poi il Presidente palestinese Mahmoud Abbas a “cancellare le imminenti elezioni del parlamento palestinese se Hamas prenderà parte” è scorretto ed ingombrante.
Nessun Stato al mondo ha diritto di ingerenza su un altro Stato o territorio, come è in questo caso, né dovrebbe permettersi di impartire ordini. I territori di Palestina sono impegnati ormai da anni in un faticoso percorso di riconoscimento e indipendenza. E’ una strada in salita se pensiamo che le ultime elezioni si sono tenute nel lontano 2006, che richiede buona volontà e il sostegno della Comunità Internazionale.
Il cambio di marcia dell’amministrazione Biden è un primo segnale in questo senso: con il ripristino degli aiuti ai palestinesi per 235 milioni di dollari, l’America riconosce la buona volontà della Palestina fornendo risorse proprio per lo sviluppo e la comprensione tra il popolo israeliano e quello palestinese.
Non sono finanziamenti a fondo perduto, occorreranno infatti a mantenere la sicurezza in quei territori e a non alimentare incomprensioni mai spente.
Lo Stato di Israele dovrebbe almeno per una volta ascoltare la voce del cambiamento: arriva da lontano gridando tolleranza e rispetto. Senza valori fondamentali, i due, non potranno mai davvero intraprendere il percorso a due Stati. Si alimenteranno solo conflitti a discapito di chi in questi anni ha gridato pace.

Yana Ehm