Elezioni Usa: i sondaggisti fanno la fine dei virologi

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Solo la faccia di Mentana valeva il prezzo del biglietto: pareva invecchiato di 600 anni, lui addirittura voleva Bernie Sanders, è un ragazzo che notoriamente ha sempre frequentato ambienti della sinistra proletaria e sul suo sito di informazioni è riuscito a scrivere che il Covid avanzava negli stati che votano Trump.

Con lui una pletora di analisti poco isti, gente che garantiva Sleepy Joe Biden al mille percento e adesso, come l’Oliver Hardy della divulgazione esotica, Alan Friedman, americano che l’America l’ha trovata solo qua, si arrampicano sui vetri con le dita ingrassate: “Ma… allora… possiamo dire che i sondaggi avevano sbagliato tutto?”. “Guooda in che guaio guaione ti sei cacciooto”, verrebbe da rispondergli.

Come 4 anni fa

Possiamo dire anche altre cose, ma risparmiamoci, non è elegante infierire sulla mediocrità consacrata. Come quattro anni fa, peggio di quattro anni fa. Chi ipotizzava Donaldone coperto di compatimento, disprezzo, irriso, ah, poveri scemi, ma non capite che siete fatti, che Biden ha già vinto senza elezioni, fosse stato per loro le elezioni si potevano anche eliminare, un fastidio, una perdita di tempo, il senso della storia aveva parlato. Vada come vada, ma è certo che, come ha scritto Marco Gervasoni, Trump ha già vinto: nella misura in cui i sondaggiari hanno perso. Ma che cosa è questa epoca che ha inventato strumenti perfetti, spaventosi, per anticipare il futuro ma che non aiutano nel presente, risultano fuorvianti come navigatori che invece del percorso più breve ti fanno finire in un fosso, in un baratro?

Non me azzeccano una

Sondaggisti, virologi: non ne azzeccano una e il cerchio si chiude mirabilmente quando le due categorie, o sette, o cosche, si fondono: grossi scienziati che imputano l’epidemia non alla Cina ma all’America, a Trump, discettano di faccende che non maneggiano, si coprono di ridicolo ma insistono. Sondaggisti, virologi, oroscopisti, aruspici. Non più attendibili di quelli che interrogavano le viscere, che gettavano i sassolini e poi decidevano le guerre. Macchine onnipotenti in mano a uomini mediocri: sì, l’ennesima disfatta di chi pretende di spiegare l’avvenire, piegandolo al proprio tornaconto, dischiude chiavi di lettura allarmanti, inquietanti.

Del Covid non si sa ancora niente, quel poco che è certo viene rimosso, viene stravolto: un virus cinese, creato in laboratori cinesi, che ha finito per dissestare l’Occidente e per rilanciare l’economia della dittatura cinese, la pandemia, non si è ancora capito quanto reale e quanto esasperata, che nel suo momento drammatico, con la chiusura degli stati nazione ormai diluiti nell’Europa inutile e complice, sembra scatenare attentati, stragi a macchia di leopardo a poche ore dalla verifica sul presidente americano: quanto è casuale, quanto è collegato da invisibili fili? E perché niente e nessuno riesce ad avanzare una previsione attendibile, ragionevole sul domani di un mondo contorto?

Governa la palude

Perché, di là dai complottismi e dalle dietrologie, il mondo non è retto da un Gran Vecchio onnipotente ma da una palude di potentati, di forze che convergono e si combattono, il gran casino della terra non lo domi e non lo domini, alla fine va dove vuole, il senso della storia è insondabile, la sua potenza matta e lunatica, capita sempre l’imprevisto, il cigno nero, il fremito del caos che rimette tutto in discussione.

Ma anche perché gli scienziati, siano sociali o medici, addetti ai numeri o ai microbi, sembrano piegati alle logiche della politica, del potere facile che li innalza sopra le masse degli uguali. Se c’è una cosa che il dannatissimo Covid ha dimostrato, è la pochezza degli addetti ai lavori, gente regolarmente coinvolta con la politica o che con tutta evidenza smania per farsene coinvolgere; così i sondaggisti, che sembrano sempre più usare i numeri non per capire ma per non far capire, in ragion di militanza, di tornaconto, il mondo, il futuro non per quello che è ma per come si vorrebbe che fosse.

Una mediocrità che non è più solo dell’Italia che non ha mai avuto una tradizione di grande amministrazione, per cui la burocrazia più è alta e più lavora poco e male ed è scelta non su basi meritocratiche ma partitiche: la degenerazione si è fatta globale, pandemica, scienziati di tutte le risme che agiscono su mandato di questo e quel centro di potere, pensando alla carriera. Da cui i ritardi, le défaillance colossali, i decreti presidenziali a raffica che non decidono niente, le task force sterili, i comitati tecnico scientifici deliranti, le mancanze di protocolli, di strategie, di decisioni che inghiottono le settimane e i mesi. Un processo che l’appartenenza all’Unione Europea che non c’è sembra avere conclamato, cronicizzato: ormai non si decide più niente, su nessun aspetto, perché “ci deve pensare l’Europa, ci penserà l’Europa”.

Ma l’Europa non ci pensa. Siano migrazioni bibliche di clandestini, profilassi contro le pandemie, sicurezza contro i terrorismi. Un ragazzino di vent’anni può decapitarne tre in una chiesa, farne fuori altri in un locale e, immancabile, il resoconto postumo: la polizia sapeva chi era, lo conosceva per elemento pericoloso, ma lo ha mandato libero, lo ha lasciato in condizione di sterminare, per ragioni misteriose che forse così misteriose non sono. L’Europa delle cattedrali essendo diventata quella dei gessetti, delle cantilene, impone a modo suo una agenda del non fare, del subire che infetta tutte le nazioni. Quello della strage di Vienna era un poco più che adolescente dedito allo spaccio di droga e alla militanza lgbt, un influencer del gender, ma il Saviano di turno non vede e insiste con ottusità catafratta: colpa della mancata integrazione, della povertà, delle periferie, e va già bene che non ci ha messo il riscaldamento globale, il solito armamentario delirante che ribalta i termini di ogni questione.

Qui resta da trattare un ultimo aspetto, forse ancora più preoccupante: quello dell’informazione che non informa, non vede o, anch’essa, vede quel che non c’è, che vorrebbe che ci fosse e perde di vista quello che effettivamente c’è. Come mai ogni pandemia, crisi sistemica, tracollo finanziario, insorgenza terroristica vengono spiegate sempre il giorno dopo e mai quello prima? Come mai non si fanno più inchieste sui grandi patrimoni, sulle colossali multinazionali, sui percorsi micidiali dello stragismo? Come mai dei laboratori cinesi, esattamente come per i giovani macellai islamisti, si viene a sapere tutto o almeno abbastanza, le loro falle, le loro mancanze di sicurezza, i loro esperimenti da Stranamore virali, quando il virus è sfuggito e incontrollabile?