Elio Cortese – Una storia nascosta: Claudino CREA – Ardore Marina (RC) , AGE, 2006. 370 p. (212)

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Claudino Crea (28/3/1915–1/7/1965) narra al figlio Pino le sue vicende di combattente prima e di prigioniero ed internato poi. Pino ha un amico, lo scrittore Elio Cortese, a cui occasionalmente parla del padre mostrandogli documenti e fotografie. Il libro nasce proprio da una di queste foto, quella in cui Claudino divide il rancio con due bimbi albanesi.

Sarà proprio questa immagine – simbolo dell’altruismo e della solidarietà caratteriale di Claudino – a spingere l’autore a scrivere un articolo, che penserà di trasformare poi in un opuscolo, quindi in un libro di oltre 350 pagine (tanto il materiale era ricco e valido), dedicandolo a tutti i militari internati nei lager di Germania. Dopo l’8 settembre 1943 il caporale crotonese Claudino Crea, elettricista, si rifiuta di aderire alla RSI; è catturato dai tedeschi in Albania e tradotto allo stalag (lager) di Fallingbostel poi a quello di Amburgo.

Dal 28 ottobre, per 6 mesi, lavora allo sgombero delle macerie dei bombardamenti alleati. Il 17 aprile 1944 è sottratto, per il suo mestiere, alle peggiori sofferenze; salverà così la vita e darà sollievo ad altri internati come lui. Riabbraccerà la famiglia a Crotone l’8/9/1945.

Emergono così bontà e solidarietà innanzitutto, nate nel campo di concentramento; dalla pietà ampiamente dimostrata (con il comportamento tenuto verso la donna morta ritrovata sotto le macerie), alla sensibilità espressa verso i più bisognosi (dopo il rientro a casa) con la sua perizia gratuita di elettricista. Esempi di altruismo, manifestato nella cornice di tempi più che difficili, sottratti al buio dell’oblio ed illuminati dalla luce della memoria. La sua famiglia, la patria e la fede sono gli incrollabili pilastri da cui Crea trae la forza per superare indicibili sofferenze, compresa l’estirpazione dell’unghia del dito medio della mano sinistra e l’orrore di una fucilazione interrotta da cui viene salvato dai suoi compagni che per protesta davanti al plotone di esecuzione intonano un canto, Lagrime napulitane, senza interromperlo neppure davanti alla minaccia dei fucili spianati. Nel suo ambito ed in queste vicende protagonista non condannabile neppure quando, in occasione del ritrovamento di un piccolo tesoro (con cui aiuta i suoi compagni di sventura), per umanità quindi, fu connivente con alcuni suoi carcerieri del campo di concentramento.

Una umanità ed un istinto di sopravvivenza che saranno sempre vincenti, non solo in questo caso, ma in tutta la sua vita. E poi le preghiere serali con un rosario fatto con il laccio di uno scarpone, la paura continua che la fucilazione fosse solo stata rinviata, la mela gettata oltre la rete di filo spinato alla donna polacca del settore femminile che ne aveva causato l’ordine, fino a quel “…Siamo liberi, siamo liberi” finale, del 17 aprile 1945, e alla scoperta della fuga dei carcerieri pressati dall’avanzata degli alleati. Buoni sentimenti e sani principi accompagnati da coerenti comportamenti che hanno utilmente contribuito a superare quell’ “assideramento dello spirito” nato in quegli anni dal sonno della ragione, cui fa efficacemente riferimento il soldato e letterato tedesco Hans Egon Holthusen.

Il libro di memorie di Elio Cortese, solo omonimo dello scrivente, attiene al grande filone delle sofferenze dei prigionieri reclusi nei campi di concentramento della II guerra mondiale ma quel dorato filo narrante, soprattutto, fa risaltare le qualità migliori dell’Uomo, soffermandosi anche sulle sue debolezze, esaltandone vieppiù gli slanci migliori di un altruismo e di una sensibilità di cui oggi abbiamo tanto bisogno e che invece sembrano perduti o cancellati per sempre.

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