Emendamento anti-porno, Pillon: «Nessuna censura ma i minori vanno protetti»

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Bloccare gratuitamente l’accesso ai contenuti pornografici e violenti sugli smartphone ai minori è ora legge dello stato. Nell’ambito del Decreto Giustizia è stato infatti approvato l’emendamento presentato dal senatore Simone Pillon (Lega), inserito nel decreto come articolo 7 bis, dal titolo Sistemi di protezione dei minori dai rischi del cyberspazio. Si tratterà di una app gratuita che permetterà di attivare il parental control su richiesta dell’utente, titolare del contratto.

L’emendamento è stato votato all’unanimità alla Commissione Giustizia del Senato da tutte le forze politiche. Una volta inserito nel maxiemendamento del Governo, cui è stata posta la fiducia, è passato in aula con i voti della maggioranza. Alla Camera ha ricevuto i voti favorevoli della Commissione Comunicazioni, poi è stato inserito nel maxiemendamento del Governo su cui è stata posta la fiducia, prima di essere approvato, nuovamente a maggioranza.

Nonostante il consenso politico trasversale, l’emendamento ha suscitato aspre polemiche. C’è persino chi grida alla censura. Il diretto interessato Pillon, tuttavia, getta acqua sul fuoco e, intervistato da Pro Vita & Famiglia, chiarisce i termini della questione: il suo emendamento mira semplicemente a proteggere i minori, aiutando i genitori ad esercitare la propria libertà educativa.

Senatore Pillon, in cosa consiste la app oggetto del suo emendamento?

«Si tratta di una app che deve essere preinstallata gratuitamente su device dai venditori di tablet, smartphone e pc. I genitori avranno la password e potranno decidere se abilitare, installare o anche disinstallare il filtro, a secondo dell’uso di quello che poi quell’apparato concretamente dovrà compiere. È uno strumento che viene messo a disposizione dei genitori, i quali, senza dover chiedere alcun permesso a nessuno, quindi con tutta la sicurezza e la privacy possibili, potranno abilitare o disabilitare il filtro. In questo modo i bambini più piccoli, tra i 4 e i 6 anni o delle primarie, che in questo periodo, hanno avuto accesso ai device per la didattica a distanza, potranno continuare a farlo in sicurezza. Ovviamente questo strumento non va a sostituire l’importanza del dialogo tra genitori e figli su questi temi ma è uno strumento in più che viene dato alle famiglie. Il 76% dei minori che navigano su Internet non hanno filtro, quindi lo fanno in totale libertà. Spesso i genitori non sanno nemmeno che esistono questi programmi. Il fatto di preinstallarli e attivarli, permetterà di avere una maggiore conoscenza di questi programmi e di meglio garantire la crescita sana dei ragazzi».

Se in sede di Commissione, l’emendamento è stato votato all’unanimità, come mai così tante critiche?

«Mi sembrano tutte polemiche assurde e incomprensibili a posteriori, visto che anche il PD l’ha votato. Quell’emendamento nasce dal lavoro che ha fatto la Commissione Infanzia, dopo aver audito decine e decine di esperti sulle conseguenze che hanno per i nostri giovani l’esposizione a contenuti violenti, pornografici o comunque pericolosi per lo sviluppo».

C’è chi ha gridato alla censura…

«Non si intende censurare un bel niente. Le censure la lasciamo a chi ci vuole chiudere la bocca con l’omofobia».

Chi ha interessa a difendere il porno così a spada tratta?

«La mia sensazione è che queste critiche siano orchestrate da qualcuno che ha interesse che queste app restino a pagamento o, peggio ancora – ma spero non sia così – da qualcuno che ha interesse che il gigantesco mercato del porno, in Italia con proventi nell’ordine di miliardi di euro, continui ad essere così fiorente».

Una questione di business, dunque?

«La torta è molto grossa. Se si vuole continuare a fare soldi col porno, lo si faccia pure. Ma bisogna stare sicuri che contenuti del genere non vadano in mano ai ragazzi. Tra l’altro, c’è una pervasività dei contenuti che spesso arrivano anche non richiesti o comunque si trovano con molta facilità. Gli adulti facciano quello che vogliono ma i bambini vanno tenuti al sicuro e i genitori hanno diritto di farlo».