Genova – Il sindacato SLC-CGIL Genova e Liguria esprime, innanzi tutto, il proprio cordoglio per la perdita di due colleghi nel Bergamasco a causa del contagio da Covid19.
Un dato allarmante, ma che conferma le nostre preoccupazioni e rafforza le ragioni della nostra rivendicazione del blocco totale delle operazioni del servizio postale, con la conseguente chiusura di uffici di recapito, postali, di smistamento e di tutti i servizi amministrativi, attivando formule di smart-working dove possibile, garantendo il pieno salario e l’utilizzo degli ammortizzatori sociali, come previsto e indicato anche dal recente DL “CuraItalia”.
Solo nel Nord Ovest gli ultimi dati, di alcuni giorni fa, ci confermano almeno 22 contagi tra i lavoratori postali ma sta crescendo di giorno in giorno e anche nella nostra regione si registrano contagi e altri in attesa di risultato del tampone. Una cifra inaccettabile che dimostra come le mansioni svolte da impiegati, portalettere, corrieri e autisti siano ad altissimo rischio, e che le misure di prevenzione adottate dall’azienda siano tardive, insufficienti e inadatte a garantire tanto la sicurezza e la salute dei lavoratori, quanto quella di utenti e clienti con cui siamo regolarmente in contatto. Inoltre, le istruzioni e la formazione del personale rispetto alle misure di profilassi e sicurezza e all’utilizzo dei nuovi DPI risultano inadatte, vaghe e spesso lasciate all’interpretazione dei preposti.
Non è un segreto che i lavoratori non abbiano sufficienti forniture di mascherine adeguate, essendo spesso costretti a lavorare a contatto con molte persone con maschere FFP2, dall’efficacia di 8 ore, riutilizzate per più di una settimana e, ora, con “mascherine” neppure assimilabili a quelle chirurgiche. Allo stesso modo l’azienda si limita a considerare sufficienti sanificazioni “una tantum” per gli uffici in cui si raggruppano ogni giorno lavoratori che entrano in contatto con decine di utenti e centinaia di portoni e aziende. I gel igienizzanti non sono sufficienti e le forniture di guanti sempre al limite.
Il nostro lavoro ci espone a livelli altissimi di rischio di contagio e, al tempo stesso, ci rende veicoli di potenziale diffusione incontrollata dello stesso. Non è sufficiente stabilire sulla carta di mantenere 1 metro di distanza o ipotizzare di lasciare le raccomandate in cassetta perché le nostre mansioni non permettono di garantire quelle distanze o di non entrare in contatto con superfici contagiose. La nostra richiesta è quindi un atto di salvaguardia del nostro diritto alla salute ma, anche e soprattutto, di salvaguardia del diritto alla salute di tutti, compresi i lavoratori della Servizio Sanitario Nazionale che con il loro enorme lavoro e sacrificio stanno affrontando questa difficile fase.
Come in altre comunicazioni sindacali, ribadiamo che fino a che le condizioni rimarranno le suddette, promuoveremo forme di astensione dal lavoro dei dipendenti di Poste Italiane e denunceremo, come già avvenuto, alle ASL il mancato rispetto delle disposizioni ministeriali funzionali a limitare la diffusione della pandemia.
Crediamo fermamente che, in un momento di emergenza nazionale e internazionale come questo, un’azienda che beneficia, grazie allo sforzo e al sacrificio di oltre 130.000 lavoratori e lavoratrici, di oltre 1,5 miliardi di utili in un anno, possa sostenere il blocco temporaneo di produzione e distribuzione per la salvaguardia dei suoi dipendenti e di tutta la popolazione, anziché continuare a fa circolare persone senza le dovute misure di profilassi, per consegnare pubblicità, avvisi di giacenza e prodotti postali non certo essenziali, nonostante ci siano state dichiarazioni dell’azienda di filtraggio dei soli prodotti prioritari e improrogabili in realtà mai applicati. A questo si aggiunge la confusione e i disservizi dovuti al caos delle chiusure di alcuni uffici postali, con dinamiche in continua evoluzione. La necessità di garantire, realmente, i soli servizi essenziali e improrogabili (pagamenti pensioni e stipendi, e alcune consegne urgenti), viste anche le disposizioni, le proroghe e le sospensioni dei pagamenti e dei procedimenti giudiziari e amministrativi stabiliti del D.L. “CuraItalia”, sono la sola eccezione che riteniamo accettabile al fermo totale del servizio in una situazione di emergenza come questa.