Erdogan a gamba tesa nella guerra in Libia

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A gennaio il parlamento turco voterà su un eventuale invio di truppe in Libia a sostegno del governo d’unità nazionale, guidato da Fayez al Sarraj, contro le forze del generale Khalifa Haftar.

Ad annunciarlo è lo stesso presidente della Turchia Recep Tayyip Erdogan, che a fine novembre ha firmato un’intesa militare ed economica con la Libia. La mozione sarà presentata alla ripresa dei lavori parlamentari, il 7 gennaio.

Il 25 dicembre, Erdogan era volato a Tunisi, in una visita a sorpresa per puntellare i confini strategici con la Libia e tutelare il suo alleato al Sarraj. Con il suo omologo tunisino, Kais Saied, il leader dell’Akp ha trattato per dei passi in avanti con l’obiettivo di un cessate il fuoco nel paese nord africano, dove, da due settimane, le truppe guidate dal generale Haftar hanno ripreso l’offensiva verso Tripoli.

Già negli scorsi giorni, il generale della Cirenaica aveva denunciato la presenza di carri armati turchi sul territorio libico. Successivamente, aveva sequestrato una nave battente bandiera di Grenada con equipaggio turco, «perché entrata nelle acque territoriali della Libia senza previa autorizzazione».

L’imbarcazione è stata poi rilasciata, e il portavoce dell’esercito nazionale libico di Haftar, Ahmed Al-Mesmari, ha dichiarato di non aver trovato armi a bordo.
La risposta di Mosca

Il voto del parlamento turco sul dispiegamento di truppe in Libia coincide con l’arrivo a Istanbul di Vladimir Putin, che l’8 gennaio inaugurerà con Erdogan il gasdotto TurkStream. Ma, in merito alle decisioni prese dal presidente della Turchia nei confronti della Libia, il Cremilino pare critico: «Qualsiasi tentativo di paesi terzi difficilmente fornirà un aiuto per una soluzione del conflitto», ha detto il portavoce Dmitry Peskov.

Mosca è in realtà già coinvolta nel conflitto libico dalla parte di Haftar: secondo quanto riportato dal New York Times, in campo con le milizie della Cirenaica ci sarebbero anche 200 mercenari russi.

Peskov ha dichiarato che la Russia vuole che «il bagno di sangue finisca il più presto possibile» e che ritiene «positivi gli sforzi internazionali per la ricerca di soluzioni».
Il contro-accordo tra Grecia, Israele e Cipro per il gasdotto

Dal momento della firma del doppio memorandum tra Turchia e Libia, Paesi come Grecia, Israele e Egitto hanno alzato la voce per dirsi contrari. I primi due, insieme alla regione di Cipro riconosciuta dall’Ue, sono corsi ai ripari soprattutto sul piano economico, annunciando che il 2 gennaio verrà firmato ad Atene un accordo per la costruzione del gasdotto EastMed.

I leader dei 3 Paesi hanno annunciato che il progetto “Poseidon” contribuirà del 10% alle necessità di gas dell’Europa, con lo scopo di ridurre la dipendenza dalla Russia. Partendo da Israele, attraversando Cipro e Grecia, il gasdotto dovrebbe arrivare in Italia – il quale governo è però rimasto escluso dall’intesa.

L’Italia ha espresso, per il momento, qualche riserva e ha rimandato il momento della firma. Cipro, Grecia e Israele avevano già firmato un accordo sul gasdotto da 1.900 chilometri all’inizio di quest’anno alla presenza del segretario di Stato americano Mike Pompeo.

Ora, Benjamin Netanyahu ha dichiarato che si recherà in Grecia la prossima settimana per consolidare i piani con Atene e Cipro. «La posizione ufficiale di Israele è che l’accordo Libia-Turchia è illegale. Ma ciò non significa che stiamo inviando corazzate per affrontare la Turchia», ha dichiarato il ministro degli Esteri Israel Katz. «Per quanto Erdogan sia considerato un avversario, né Israele né la Turchia stanno cercando un conflitto».