Faraone: “Non temiamo la riforma elettorale né il 5%”

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Il dibattito sulla legge elettorale è appena iniziato e terrà banco nei prossimi mesi. Davide Faraone, parlamentare di Italia Viva, specifica: «Se fosse passata la riforma costituzionale del governo Renzi, non saremmo qui. Ma noi non abbiamo paura delle cifre». E nel futuro vede la necessità che reddito di cittadinanza e decreto dignità, due tra le misure volute dai 5 Stelle nel precedente governo, siano «radicalmente trasformati, perchè non aiutano nè i più deboli nè il mercato del lavoro, nè le aziende».

Onorevole, la Consulta deve decidere sul referendum presentato dalla Lega sulla legge elettorale e il tema è anche sui banchi del governo. Italia Viva quale progetto sposa?
Diciamo subito che se fosse passato il nostro progetto politico di riformare il Paese, adesso staremmo vedendo un altro film: quello del maggioritario, dove chi vince governa in uno schema bipolare con una forza di maggioranza e una di opposizione. Questo era ciò che avevamo pensato per il futuro dell’Italia, con un Parlamento di una sola camera e con un sistema istituzionale legato ad una legge elettorale che avrebbe, con la sua stabilità, sbloccato il Paese. Invece siamo qui e facciamo i conti con la realtà: il proporzionale con la soglia al 5 % pare essere l’opzione più probabile. Non ci impicchiamo sulla legge elettorale, non abbiamo paura delle cifre e non siamo tifosi del proporzionale. Semplicemente prendiamo atto che le regole si scrivono con tutti e che il punto di caduta è questo.

Parlare di legge elettorale significa riportare in primo piano il tema delle alleanze. Italia Viva guarda al Pd, pur dopo la scissione?
Siamo una forza giovane, abbiamo tre mesi di vita e ci stiamo strutturando sul territorio. L’1 e il 2 febbraio a Roma si terrà la nostra prima assemblea nazionale, ci organizzeremo nei territori e presto avremo i candidati di Italia Viva già ai prossimi appuntamenti elettorali, a cominciare dalla Puglia, dove correremo da soli: lì a cominciare dall’Ilva per proseguire sulla Tap, sanità, Xylella e Popolare di Bari Emiliano ha idee opposte alle nostre. Non sosteniamo candidati legati al passato. Non siamo la stampella di nessuno.

Attualmente, la maggioranza di governo ha molti temi divisivi sul tavolo: ci sono quelli approvati dal precedente governo, quota 100, reddito di cittadinanza e decreto dignità. Cosa va salvato e cosa rivisto, ma soprattutto c’è margine per farlo?
Decreto dignità e reddito di cittadinanza vanno radicalmente trasformati perché non aiutano né i più deboli sul mercato del lavoro, né le aziende. Se ne è accorto an che il Pd, ed è lo stesso Tridico ad ammettere che il sussidio non crea posti di lavoro. Il reddito di cittadinanza non sta funzionando e, per com’è impostato, non è equo nei confronti dei più bisognosi. Quanto al legame con la ricerca di lavoro, è una pagina tutta da riscrivere se su 2,5 milioni di beneficiari gli occupabili sono soltanto 740 mila.

Gualtieri ha rispolverato gli 80 euro promossi dal Governo Renzi e parla di taglio del cuneo fiscale. Si muove nella vostra direzione?
Alla fine mi pare che tutti si muovano nella nostra direzione: è accaduto sulle tasse in manovra, sugli 80 euro da estendere, ed ora sul reddito di cittadinanza. Aspettiamo che riconoscano l’effetto positivo del Jobs Act. Gli ultimi dati parlano chiarissimo: a 39 mesi dall’assunzione, il 21,3% degli assunti col Jobs Act è stato licenziato. Nello stesso periodo di tempo, la percentuale dei licenziati tra gli assunti con l’articolo 18 è stato il 22,6%. Ecco la prova: il Jobs Act ha diminuito, e non aumentato, i licenziamenti.

Sul fronte dell’opposizione, si sta affacciando il voto in giunta contro Salvini per il caso Gregoretti. Voi siete orientati per l’autorizzazione, perché?
Premetto che Salvini, umanamente e politicamente, l’ho già condannato il giorno che sono salito a bordo della Diciotti e quando ho dormito, insieme a centinaia di disperati, sul ponte della Sea Watch 3. Ho contestato con i fatti la sua politica, non con le chiacchiere. E premetto anche che siamo tornati a lavorare per far saltare i decreti “insicurezza” voluti dall’ex ministro dell’interno. Fatte queste dovute precisazioni, non capisco cosa ci sia di strano dire: “approfondiremo, guarderemo le carte e poi decideremo”. Se dicessimo che abbiamo già deciso, vorrebbe dire che avremmo fatto coincidere il giudizio politico con quello giudiziario. Noi non usiamo le questioni giudiziarie a fini politici, non lo abbiamo mai fatto e mai lo faremo. Appare piuttosto grave, invece, il livello di strumentalizzazione che Salvini sta facendo della vicenda a fini elettorali.

A proposito di Emilia Romagna, quanto il voto del 26 gennaio influenzerà il governo?
In Emilia Romagna si vota per il candidato presidente e basta. Smettiamola di leggere ogni cosa come una scossa al Governo. Io dico per prima cosa, per il bene degli emiliano-romagnoli: se si trovassero la Borgonzoni a governarli, sarebbe un disastro.