Fausto Vitaliano – La mezzaluna di sabbia – Milano, Bompiani, 2020, 400 p. (204)

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La “mezzaluna” è un pezzetto di spiaggia ionica calabrese “delle pàpare e della memoria“, da difendere dalla speculazione programmata da alcuni tizi poco raccomandabili; un luogo molto caro al maresciallo in aspettativa Gori (Gregorio) Misticò, quarantottenne malato di cancro alla prostata, grande lettore di Topolino, abitante nell’inesistente San Telesforo Jonico, che fa la spola con Milano per una cura di chemio dal suo amico medico, Nicola Strangio.

Il paesino è inesistente ma sono autentici e benvenuti usanze, linguaggio, usi e costumi, pietanze e piatti di cucina locale… che accompagnano questo “noir amabile e struggente”, come lo ha definito la brava scrittrice siculo/inglese Simonetta Agnello Hornby. Così come sono autentiche le altre citazioni: Catanzaro, Pitagora, Crotone col suo centro di prima accoglienza e soccorso per rifugiati e richiedenti asilo, Capo Colonna, Capo Rizzuto, aeroporto di Lamezia Terme…, luoghi ed ambienti molto cari ai calabresi, soprattutto a quelli… lontani, che da queste parti hanno le loro radici.

Il gruppo poco raccomandabile è composto invece dai soliti speculatori edilizi, in primis Falco, figlio del barone Vittorio di Celata – interessato solo ai suoi libri ed in particolare a quello che sta scrivendo, “L’influenza dell’architettura araba sul medioevo calabrese” – e della baronessa Silene Celata di Lauria, grande viaggiatrice e benefattrice. Falco assomiglia al padre “come un quadro di Guttuso assomiglia a un cartello di divieto di sosta“, che tutto può essere “fuori che cippu du stessu lignu” (3 esami su 24 dati all’università con la media del 19), ha cambiato più volte facoltà, decidendo infine di essere autodidatta. Capace di idee creative sempre balorde, capricci che sperperano solo denaro e che durano poco. Quando poi incontra i tizi poco raccomandabili di cui sopra – l'”ingegnere” (geometra) Ferdinando Di Teodoro, il suo guardaspalle ed alcuni speculatori “4, poi 2, finanziatori russi” – che lo assecondano per spillargli quattrini e la terra della famiglia, allora le cose si complicano alquanto …

Ad ingarbugliare ancor più la faccenda sopraggiungono l’arrivo nottetempo dall’Ucraina di “un ricattatore”, poliziotto, che diventerà presto un cadavere, e la strana, inaspettata, morte del barone, ucciso con una pistola ucraina che viene trovata nel comodino della moglie. Nel corso della narrazione ci si imbatte anche in un cervello molto fine, un avvocato, Pinuccio Menabarca del foro di Reggio Calabria, che frequenta la baronessa e con lei condivide un segreto che sarà la chiave di tutto il romanzo.

Insomma, due cadaveri ed alcune piccole cose apparentemente inspiegabili – come la figura del sostituto procuratore Girolamo Califano, “...’nu ciùcciu che da anni è parcheggiato in quel posto, … pigro e meschino...”

Ci sono pure i Tre Fenomeni: “‘u Saputu”, “‘u Filòsofu” e “‘u Rinatu”, tre simpatiche figure da bar riscontrabili in quasi tutti i paesini, che animano il locale, informano e ironizzano o comicizzano anche sul più serio degli avvenimenti.

A coinvolgere, suo malgrado, Misticò nella ricerca degli assassini, sarà il suo ex aiuto, il bravo e timido brigadiere capo Federico Costantino, che “adora” il suo superiore.

Tutto ben scritto, scorrevolmente e “coinvolgentemente”. Tutto sommato gradevole.

Non condividiamo solo la morale finale che se ne trae: quel “fare quello che è giusto” di Misticò che, in fondo, abiura il pieno rispetto della legge.

Franco Cortese Notizie in un click giugno