Fibrosi polmonare idiopatica, Silvia: “Serve più considerazione per le forme familiari”

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L’appello di chi convive con la IPF: occorre approfondire l’aspetto della predisposizione genetica alla malattia

Alla redazione di OMaR arriva continuamente un gran numero di lettere da parte dei pazienti con malattie rare e dei loro familiari e caregiver: così tante che è veramente difficile riuscire a rispondere a tutte in tempi accettabili. Nella maggior parte dei casi, si tratta di richieste di aiuto riguardanti situazioni particolari o specifiche informazioni, ma a volte arrivano anche appelli che servono a richiamare l’attenzione su problematiche di carattere generale: messaggi che meritano non solo una risposta, ma anche la condivisione; messaggi come quello che ci è arrivato da Silvia, una donna di 47 anni.

“Nel 1999 ho perso mio padre: aveva 56 anni e la fibrosi polmonare idiopatica”, spiega Silvia. “Prima che si ammalasse, non avevo mai sentito parlare di questa patologia incurabile e dalle cause sconosciute”. La fibrosi polmonare idiopatica (IPF) è una malattia rara del polmone la cui esatta origine resta tuttora ignota (da cui il termine “idiopatica”). Nella IPF, si verifica un’eccessiva produzione di tessuto cicatriziale che, gradualmente, invade e danneggia gli alveoli polmonari, compromettendo la respirazione. Con il passare del tempo, tale processo di cicatrizzazione, ossia di fibrosi, peggiora: i polmoni si fanno più rigidi e respirare diventa sempre più difficile, portando il paziente a percepire una progressiva mancanza di fiato.

“La diagnosi – prosegue Silvia – ci ha spaventato fin da subito e il percorso, da allora, è stato tragico e doloroso per tutta la mia famiglia, fino al giorno in cui, in extremis, all’ospedale Molinette di Torino, mio padre è stato sottoposto ad un trapianto di polmone. L’intervento, purtroppo non è stato risolutivo, ma ci ha comunque regalato una speranza a cui ormai non credevamo più. Sono passati 20 anni da allora e leggo di persone che oggi superano il trapianto e tornano a respirare e a passeggiare senza ossigeno, ma nel frattempo, nella mia famiglia, anche i due fratelli di mio padre si sono ammalati della stessa patologia: la sorella è già deceduta, così come due cugini di primo grado”.

“Ci hanno sempre detto – aggiunge Silvia – che l’ereditarietà della IPF non è dimostrata, ma ho letto anche sul vostro sito di altre famiglie in cui si sono verificati più casi. Io e mio fratello conviviamo con questo spettro e siamo preoccupati per i nostri figli, ma confidiamo nella ricerca e questa testimonianza vorrei che servisse a tenere in considerazione, per gli studi futuri, anche la componente di familiarità, o predisposizione, o qualsiasi altra terminologia si ritenga più corretta”, conclude Silvia. “Grazie per quello che fate, buon lavoro!”