Figlio lavoratore e diritto all’assegno di mantenimento

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Spesso i genitori si chiedono quando un figlio si possa considerare autonomo economicamente e per quanto tempo ha diritto all’assegno di mantenimento se lavora a tempo determinato o con part-time.

La legge non fissa un’età a partire dalla quale si può interrompere il versamento dell’assegno di mantenimento mensile ai figli.
L’obbligo di mantenimento resta, anche dopo i 18 anni, sino a quando i figli non raggiungono una loro indipendenza economica.
Questo significa che si arrivi alla conquista di un lavoro che corrisponda alle sue capacità e alle sue aspirazioni.

Una circostanza auspicabile, ma non sempre possibile, in modo particolare nei tempi attuali.
Di sicuro non è sufficiente un lavoro precario o qualche ora serale per pagarsi gli studi o fare esperienza, anche a discapito di una retribuzione soddisfacente.
Nonostante questo resta fermo il fatto che il genitore che voglia interrompere il pagamento dell’assegno di mantenimento non lo può fare in modo arbitrario ma si deve sempre rivolgere prima al giudice.
La Suprema corte di Cassazione, ha sostenuto in una sua pronuncia, che dai 35 anni in poi si può presumere che l’incapacità economica del figlio dipenda più da sua pigrizia e indolenza che non dalle difficili condizioni di mercato e dalla disoccupazione, per questo è lecito chiedere la cessazione del mantenimento per un giovane che sta diventando adulto.

Sempre secondo la Cassazione, con una sentenza molto recente (Cass. ord. n. 19696/2019 del 22/07/2019) non ha diritto al mantenimento il figlio che ha un lavoro stabile per almeno due anni.
Questa pronuncia riveste una sua importanza, perché indirettamente stabilisce la soglia di reddito al di sopra della quale il giovane, anche se con uno stipendio ridotto, si può definire economicamente indipendente e non è più legittimato a chiedere l’assegno di mantenimento.