Figliuolo accelera pure se frena

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figliolo
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Da che mondo è mondo, c’è chi nasce senza santi in Paradiso e chi viene al mondo con la camicia. Anzi, con giacca e lustrini. Prendete il generale Figliuolo. Appena insediato ordina di vaccinare i primi che passano, ma poi vara un piano per fasce d’età. Invece di retrocederlo in fureria i giornali gli cantano in coro: “bene, bravo, bis”. Incoraggiato da questa bella partenza, il feldmaresciallo promette 500mila inoculazioni al giorno, senza dirci dove sono i farmaci, che infatti non arrivano e nei giorni di Pasqua la macchina sanitaria se ne va in vacanza.

Un grosso guaio, a cui però si rimedia con le nuove forniture e il traguardo di 300mila iniezioni. Una bella frenata rispetto alle premesse, ma Repubblica ieri mattina apriva il suo sito
trionfante: “Figliuolo accelera”, evidentemente non riuscendo a far di conto su quale misura sia maggiore tra 300 e 500mila dosi. Ora ci guarderemo bene dall’asserire che il predecessore del generalissimo, Domenico Arcuri, non abbia santi in Paradiso. Per aver attraversato tutti i cambi di colore della politica italiana – altro che zone rosse e arancioni! – il manager di Invitalia non è certo di primo pelo.

Però quando ci mise la faccia nel procurare le mascherine introvabili in tutto il mondo, e per le scelte fatte ora si farà uno o più processi sin da subito preventivati, la stampa nazionale
e di periferia non fu altrettanto generosa. Se mancavano le mascherine Arcuri era un incapace, se mancano 200mila vaccinati al giorno Figliuolo accelera. Ecco perché serviva un generale: la guerra della carta stampata l’ha vinta lui.

Gaetano Pedullà.