Gabrielli: “No a giustizia ‘porta a porta’, e ad attacchi alla polizia”

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“Stigmatizzo sia quelli che fanno giustizia ‘porta a porta’ sia quelli che accusano la Polizia in maniera indiscriminata”, ha affermato il Capo della Polizia Franco Gabrielli, rispondendo ai giornalisti, a margine di un convegno sulla sicurezza, che gli chiedevano un commento sul gesto dell’ex ministro dell’Interno, Salvini di citofonare a una casa privata a Bologna. Il Capo della Polizia ha parlato anche della vicenda del migrante morto nel Cpr di Gradisca (Gorizia). “Fare parallelismi a dir poco arditi di una vicenda che non è stata ancora definita con vicende per la quale sono stati impegnati anni e processi, lo trovo assolutamente offensivo”, ha detto Gabrielli rispondendo a una domanda sul paragone tra la morte del cittadino georgiano Vakhtang Enukidze, detenuto nel Cpr di Gradisca (Gorizia), e il caso Cucchi, avanzato dal deputato radicale Riccardo Magi. Gabrielli è intervenuto a margine di un convegno sulla sicurezza. “Siamo al corrente delle notizie della morte di un cittadino georgiano detenuto per il rimpatrio dall’Italia. Ci rammarichiamo profondamente per questi tragici incidenti. Siamo fiduciosi che le autorità italiane indagheranno e garantiranno il seguito appropriato”. Così un portavoce della Commissione europea all’ANSA. “Resto sempre molto basito quando leggo certe cose: come mi preoccupano i postulati per cui gli stranieri sono tutti spacciatori e tutti coloro che professano la religione islamica sono terroristi, stigmatizzo chi parte dal presupposto che i poliziotti siano tutti picchiatori”, ha detto il capo della Polizia Gabrielli. Vakhtang Enukidze, georgiano 38enne è morto lo scorso 18 gennaio dopo essersi sentito male nel Cpr di Gradisca (Gorizia). “”Si trovava – sottolinea Riccardo Magi – in custodia dello Stato, ora lo Stato chiarisca”. Testimoni sentiti dal parlamentare hanno parlato di “pestaggio da parte di dieci agenti”. E alcuni degli autori delle testimonianze, denuncia Magi, “sono stati espulsi”. “Ma prima li abbiamo sentiti”, rassicura i procuratore di Gorizia Massimo Lia, che procede per omicidio volontario. Intanto, l’autopsia è slittata a lunedì prossimo per consentire la presenza di un consulente indicato dalla famiglia. La difficile condizione dei Centri per il rimpatrio è ben presente al Viminale (rivolte ci sono state a Torino ed a Ponte Galeria) che punta a ridurre quanto più possibile i tempi di permanenza. Secondo quanto è stato possibile ricostruire, il georgiano è arrivato nella struttura di Gradisca intorno alla metà di dicembre. Il 12 gennaio avrebbe aggredito personale di polizia perché sapeva che di lì a poco sarebbe stato espulso. Due giorni dopo l’uomo è protagonista di una colluttazione con un altro ospite del Centro, un nordafricano. Questa volta viene arrestato; il 16 rientra nel Cpr, dove si sente male; il 18 viene portato in ospedale e lì muore. Domenica 19 alle 22.30 Magi citofona al Centro di Gradisca per visitarlo secondo le sue prerogative parlamentari. Il giorno dopo entra di nuovo e raccoglie diverse testimonianze di chi ha assistito ai fatti, “ospiti, ma anche un operatore ed un poliziotto”, raccolta. E le versioni, spiega, “sono unanimi. Dicono che la colluttazione con il nordafricano non ha causato lesioni gravi. Ma per separare i due sono intervenuti circa 10 agenti che l’hanno picchiato ripetutamente anche con un colpo d’avambraccio dietro la nuca ed una ginocchiata nella schiena, trascinato per i piedi come un cane”. Enukidze viene portato nel carcere di Gorizia ed il 16 pomeriggio torna nel Cpr. “Tutti quelli che l’hanno visto – dice Magi – hanno detto che si trovava in condizioni critiche, non si reggeva in piedi. Ha chiesto un intervento medico, ma, man mano che le condizioni si aggravavano, non ha potuto più farlo perché non riusciva a parlare. Nella notte, ha riferito il compagno di stanza, aveva la bava alla bocca ed è caduto dal letto. La mattina era in stato di incoscienza e di lì poche ore sarebbe morto”. Oltre che dalle testimonianze, elementi utili potranno arrivare dalle numerose telecamere di sorveglianza della struttura. Le indagini, fa sapere il procuratore, “stanno proseguendo a ritmo serrato, con la raccolta di prove testimoniali e documentali: tuttavia, soltanto grazie all’autopsia si potrà fare chiarezza sulle cause del decesso perché, ad oggi, nessuno può dire di conoscere dettagliatamente cosa abbia provocato la morte dell’uomo”. Asmat Jokhadze, sorella del georgiano, racconta: “l’ultima volta che ho sentito mio fratello era venerdì scorso. Mi ha detto che stava male, ma non mi ha detto il perché. Mi ha solo spiegato che prendeva dei farmaci che gli avevano dato all’interno del Cpr e che gli avevano anche aumentato la dose. Eppure non aveva mai avuto problemi di salute, era forte, giocava in una squadra di calcio di Chiatura, la nostra città”. La vicenda, per il presidente di A Buon Diritto, Luigi Manconi, “va chiarita al più presto. Mi auguro che, come in casi assai noti, non si debbano aspettare 10 anni per ottenere verità e giustizia”. –