Gino Strada, la cattiveria dell’uomo retto

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Gino Strada è l’uomo retto che unisce due punti sanguinosi del globo. Come da manuale la distanza più breve, la figura geometrica ieratica, il punto di sutura definitivo. Ti fissa con gli occhi infossati e severi, profondissimi, da falcone delle pianure dell’Asia Centrale, e non hai scampo: per qualche secondo comprendi Friedrich Wilhelm Nietzsche e l’abisso in cui il medico chirurgo e fondatore di Emergency si è calato per anni.

D’altra parte riemergere da ospedali da campo improvvisati nel deserto, mentre fioccano i missili – spesso dei tuoi amici occidentali – non è impresa comune. Ci vuole fegato, mentre la carne è aperta, ma soprattutto infinita tenuta, mentale e spirituale, quando gli occhi sono chiusi. Caricare su di sé tutto il male del mondo è impresa che neanche Atlante, che infatti il mondo sulle spalle lo portava tutto intero, belle cose comprese, e forse a dover cercare un precedente, un’icona del lavoro assurdo ma necessario, come salvare vite umane in situazioni e contesti dove tutto cospira verso il contrario, bisognerebbe ricorrere al Sisifo di Albert Camus. Alla sua pietra trasportata a fatica in cima e ogni volta pronta a rotolare verso valle.

Nel caso di Gino Strada, a valle, impreparati alla sistematica slavina, ci siamo tutti noi. Imperfetti, distratti, perdigiorno, concentrati in occupazioni di secondaria importanza. “In Italia – raccontava il fondatore di Emergency lungo un viaggio in treno da Milano a Roma con Vittorio Zincone – c’è chi cerca di fare qualcosa, chi non fa un cazzo, e poi i peggiori: quelli che non fanno un cazzo e vogliono dire agli altri cosa fare”. Ecco, stabilite voi in quale girone stare. Lui, lo ha scelto con precisione, ovviamente chirurgica.