Giovanni Spadolini

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Aveva una considerazione così alta di se stesso che un giorno a Firenze si autoci­tò affermando testualmente: “due anni fa Giovanni Spadolini aveva previsto la crisi che oggi registriamo…” Rimasi sbalordito. Spadolini che citava Spadolini, cioè se stesso. È proprio vero. “Quod Jovi non bovi”. “Ciò che è consentito a Giove non è con­sentito ad un bue”. Qualunque altro aves­se osato tanto sarebbe stato scambiato per un pazzo. Ma lui era un personaggio così particolare che poteva permettersi di tut­to. Dopo i trascorsi da professore universi­tario e da direttore del “Corriere della Se­ra” aveva guidato il Partito Repubblicano sino a diventare presidente del Consiglio. Nelle interviste che gli feci si mostrò sempre disponibile e gentile. Nessuna im­pazienza anche se le sue giornate erano frenetiche. Conosceva molto bene l’im­portanza della Tv ed esternava con gran­de facilità. Sicuramente aveva un carattere che, con grande simpatia, potremmo definire difficile. Ad un incontro organizzato in suo onore diede una lezione di perfidia
che nessuno ha più dimenticato. Succede spesso, quando è presente un super big, che una serie infinita di perso­naggi minori approfitti dell’occasione per un saluto, una dichiarazione, un breve in­tervento. Un modo sciocco di cercare vi­sibilità.

Quella volta, prima di Spadolini, parlarono in dieci. Quando finalmente toccò a lui, il Pre­sidente elogiò i “numerosi e importanti relatori” (sic) che lo avevano preceduto senza mostrare fastidio. Sintetizzò il suo intervento in tre frasi, scusandosi per la fretta, dovuta, così
disse, ad un aereo che lo attendeva a Tori­no. Lasciò la sala senza salutare nessuno e sparì tra l’imbarazzo dei presenti.