“Gli omosessuali sono figli di Dio”: la svolta storica di papa Francesco

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“Gli omosessuali sono figli di Dio e hanno diritto a essere una famiglia”. Parole chiare. Come è nel suo stile. Senza alcuna mediazione e senza alcun dubbio papa Bergoglio ha voluto rendere esplicito il suo pensiero sulle unioni gay affidando il suo pensiero sulle unioni civili al docufilm “Francesco” presentato alla Festa del Cinema di Roma dal cineasta di origini russe naturalizzato americano, Eugeny Afineevsy, già candidato all’Oscar e agli Emmy.
Un invito perentorio

Le parole del Pontefice vanno, dunque, oltre la sollecitazione. L’auspicio. Piuttosto risuonano come un invito perentorio, per certi versi rivoluzionario, a quegli Stati ancora indietro su una legislazione necessaria per garantire diritti e doveri di coppie che vivono una realtà familiare ma che poi ad ogni passo devono scontarsi con burocrazie e pregiudizi. Con condanne pseudomorali conseguenze di una arretratezza mentale difficile da estirpare. “Ciò che dobbiamo creare è una legge sulle unioni civili. In questo modo gli omosessuali godrebbero di una copertura legale. Io ho difeso norme di questo tipo” ha detto il Papa confermano in qualche modo che il matrimonio resta sempre quello tra un uomo e una donna, ma che nessuno può negare i diritti di chi dà vita ad una unione omosessuale. “Sono figli di Dio”.

Nel mondo su circa duecento Stati il matrimonio cosiddetto egualitario tra coppie dello stesso sesso è ammesso e regolato, a gennaio 2020, solo in 28 Paesi, dagli Stati Uniti all’Argentina, dalla Nuova Zelanda a Taiwan. In Europa sono sedici. Ma in molte altre nazioni ci sono le unioni civili. Dopo 30 anni di battaglie, dato che la prima proposta è datata 1986, l’Italia ha una legge con cui si può sancire l’unione di coppie omosessuali che è in vigore dal 2016. In essa si fa riferimento all’articolo 2 della Costituzione, relativo ai diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali e all’articolo 3 sulla pari dignità sociale dei cittadini senza distinzione di sesso oltre che di razza, lingua, religione, opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
L’impegno di Francesco

Nel documentario c’è la testimonianza della telefonata del Papa ad una coppia di omosessuali, con tre figli a carico, in risposta ad una loro lettera in cui raccontavano del loro imbarazzo nel portare i ragazzi in chiesa. Si sentivano esclusi, giudicati. I due sono stati invitati da Francesco a non farsi limitare dal giudizio di chi non comprende le loro scelte e la loro situazione. E di rivendicare con le altre la libertà di andare in parrocchia. “Nessuno dovrebbe essere estromesso o reso infelice per le sue scelte” ha detto il papa a Mr. Rubera che con il suo compagno si era rivolto a lui.

E’ stato lungo fin qui, e non è ancora compiuto, stando ad alcune dure reazioni alle parole del papa, il percorso della Chiesa su questo argomento. Ma non c’è dubbio che il Papa ha provveduto a indicare un fondamentale passo avanti, dato che per la prima volta ha espresso una presa di posizione così netta. Anche se il pontefice non ha mai nascosto il suo impegno sulla questione, tant’è che già nel luglio del 2013 aveva risposto a una domanda sui gay con un esplicito “chi sono io per giudicarli” e in seguito, in molte occasioni, aveva mostrato la sua vicinanza al mondo LGBT. Ma ora c’è una strada tracciata da percorrere.

Ci sono tante urgenze a cui dare risposte. Eventi, situazioni rese ancora più difficili dall’imperversare del Covid. Nel docufilm, girato in piena pandemia, e insignito del premio Kinéo consegnato a Afineevsky in Vaticano, ci sono tutti i temi su cui Bergoglio è stato impegnato prima e durante il suo pontificato. Lo sguardo sempre rivolto ai poveri, agli indigenti, a chi soffre ingiustizie personali, ai migranti per cui da sempre ha avuto un impegno speciale. Dall’omofobia e l’ecologia. La povertà e l’emancipazione femminile. I muri a dividere uomini e idee

A testimoniare l’impegno del pontefice i suoi familiari, i cardinali a lui più vicini, suor Norma impegnata con i migranti al confine tra Stati Uniti e Messico. E Juan Carlos Cruz, attivista contro gli abusi sessuali dopo esserne stato vittima. “Quando ho incontrato papa Francesco mi ha detto del suo dispiacere per quanto mi era accaduto. Juan, è Dio che ti ha fatto gay e comunque ti ama. Anche il Papa ti ama”.          Di Marcella Ciarnelli