Grano duro. Previsto aumento (+0,5%) delle superfici nel 2020

0
67

Le superfici a frumento duro potrebbero registrare, nel 2020, a livello nazionale, un incremento dello 0,5% rispetto al 2019. A dirlo è un’indagine Istat.

Per quanto concerne la ripartizione geografica, all’incremento delle superfici del 2,3% nel sud e nelle isole farebbe pendant una riduzione degli areali nel nord ovest (-15,2%), nel nord est (-10,2%) e nel centro (-2,8%).

Ovviamente ogni previsione circa i volumi produttivi e le caratteristiche qualitative del prossimo raccolto appare, a questo stadio, prematura per via delle incognite climatiche che si verificheranno nei prossimi mesi. Quantità e qualità del frumento duro possono infatti, e più di qualunque altro cereale, subire forti fluttuazioni in funzione delle caratteristiche agronomiche della zona di produzione e dell’andamento climatico in essa costatato (oltre ovviamente alle buone pratiche agricole che dovrebbero essere messe in atto dagli agricoltori). L’industria molitoria, da parte sua, ha l’obbligo di garantire una qualità costante della semola destinata essenzialmente all’ industria pastaria: non esiste, infatti, una “semola d’annata”, e di conseguenza una “pasta d’annata”, come lo può essere, a titolo esemplificativo, il vino. Un rebus che viene risolto solo grazie all’impareggiabile capacità dei nostri mugnai di individuare, selezionare e miscelare le migliori varietà di frumento per garantire una semola rispondente alle esigenze dell’industria pastaria e dei consumatori.

Ma torniamo ai numeri: il raccolto nazionale 2019 di frumento duro si è situato su meno di 4 Milioni di tonnellate, delle quali circa 3,5 Milioni di tonnellate destinate all’industria molitoria, rispetto ad un fabbisogno annuo superiore a 5,7 Milioni di tonnellate. Negli ultimi 100 anni, solo in 4 circostanze (1991, 2004, 2008, 2016), il raccolto nazionale ha superato 5 milioni di tonnellate e negli ultimi 20 anni in 9 annate il raccolto non ha raggiunto 4 milioni di tonnellate.

Mediamente, il frumento duro importato rappresenta, attualmente, il 35% del frumento trasformato dall’industria molitoria. Una percentuale largamente inferiore a quella costatata 100 anni fa quando questa percentuale superava stabilmente il 60%.

Dati chiari (e ufficiali) che spiegano, contrapponendosi a slogan semplicistici, il motivo per il quale l’industria DEVE obbligatoriamente ricorrere alle importazioni di frumento che non sono pertanto alternative ma complementari alla produzione nazionale. E che si presentano altresì particolarmente onerose tenuto conto che i frumenti importati hanno, da sempre, e per via delle loro caratteristiche qualitative, una quatazione sensibilmente superiore a quelle del frumento nazionale.

Questi sono i dati, inconfutabili. Poi, ovviamente, qualcuno, in cerca di visibilità e di facile consenso, si diletta sempre e comunque a demonizzare tout court le importazioni, nascondendo abilmente (e con una sostanziale dose di ipocrisia) interessi personali dietro la presunta tutela del consumatore. Ma su questo ultimo aspetto torneremo prossimamente con un apposito post. Ogni tanto, togliersi qualche sassolino dalle scarpe diventa salutare.