Guerra: il Recovery aiuterà l’impiego femminile e ridurrà le discriminazioni

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Il governo sostiene che la riduzione dei divari di genere è tra i pilastri del Pnrr, eppure le associazioni femminili contestano che per le donne si faccia troppo poco

«Anche grazie alla pressione esercitata dalle associazioni femminili, si è scelto un approccio di tipo trasversale: significa che il tema della riduzione dei divari di genere e della discriminazione delle donne è presente in tutte le componenti in cui si articola il piano. Alla fine di ogni missione c’è un paragrafo che indica gli obiettivi specifici di riduzione dei divari di genere. Inoltre è stato inserita nel Pnrr l’indicazione che le gare di appalto possano essere usate per ridurre le discriminazioni».

In che modo?

«Faremo dei bandi che diano un punteggio in più alle imprese che garantiscano condizioni di trasparenza della retribuzione e non applichino politiche di discriminazione. Potremmo anche premiare la presenza di donne nei consigli di amministrazione nelle imprese. E valutare come elemento di condizionalità l’impegno ad aumentare l’occupazione femminile, certo questo si può fare solo in certi settori. E a breve si potrà parlare anche di certificazione di genere».

Come funzioneranno?

«Il Pnrr ha previsto un finanziamento di 10 milioni: è un progetto pilota, che però aprirà la strada a questo nuovo tipo di certificazioni. È un tema che si lega a quello del gender procurement: gli enti che appaltano i progetti potrebbero chiedere certificazioni di questo tipo per assegnare un maggiore punteggio nelle gare. È una strada ancora tutta da costruire. L’obiettivo resta quello di avviare un percorso perché non ci siano più soffitti di cristallo e discriminazioni nelle retribuzioni. Però non bastano le norme: ci vuole anche un grande impegno culturale».

Ci sono altre misure specifiche per superare svantaggi e discriminazioni che ostacolano la parità di genere?

«L’Italia è un Paese in cui il lavoro di cura nei confronti dei bimbi o degli anziani non autosufficienti grava in modo molto sperequato sulle donne rispetto agli uomini, e costituisce uno degli ostacoli alla partecipazione al lavoro delle donne. Ecco perché è fondamentale investire nelle infrastrutture sociali: il Pnrr prevede 3,6 miliardi per la costruzione di asili nido, 4,6 se si considerano anche le scuole per l’infanzia.

Arriveremo a garantire una copertura del 33%, che è l’obiettivo che l’Europa si era dato per il 2010: siamo molto indietro però noi dobbiamo essere consapevoli che al momento la copertura è intorno al 15%, si arriva al 24-25% solo con quelli privati. Per gli anziani non autosufficienti e le persone con gravi disabilità viene stanziato un miliardo. Non c’è ancora tutto ma il Pnrr è un inizio di percorso per il Paese».

Ci sono anche misure dirette per aiutare le donne a inserirsi a parità di condizioni nel mondo del lavoro?

«Intanto dal piano asili nido e da quello per l’assistenza alle persone con disabilità si libera tempo per le donne, che potranno più facilmente accedere al mercato del lavoro, con effetti diretti per l’occupazione femminile che noi stimiamo in un aumento di 3,7 punti già dal secondo triennio del Piano e cioè dal 2024 al 2026. Quest’effetto sarà più marcato al Sud, con un incremento di 5,5 punti. E c’è anche un fondo da 400 milioni per l’imprenditoria femminile».