Ha ancora senso in Italia un ordine dei giornalisti?

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Credo che la vicenda del vicedirettore del Corriere della Sera Federico Fubini sia significativa, circa la reale utilità di quest’ordine.
Nel 2005, non avendo più pagato le tasse di iscrizione, Fubini è stato cancellato dall’albo dei giornalisti per morosità. Da allora ha esercitato in maniera continuativa la professione, con regolare contratto da giornalista, ma senza averne titolo. 14 anni di attività da “non-giornalista” nei quali Fubini è stato anche accusato di aver prodotto fake news sui conti pubblici e sull’economia italiana, con allarmi infondati e conseguenti smentite. Eppure in tutto questo tempo nessuno si è accorto che Fubini esercitava illecitamente la professione di giornalista. Anzi, di recente la Commissione UE ha ritenuto di inserire Fubini fra i 39 esperti di un gruppo “di alto livello” per la lotta alle fake news e alla disinformazione online. E oggi il “non-giornalista” viene perfino difeso con parole che ne elogiano la presunta “professionalità” e “competenza”.
La realtà è oramai evidente: l’iscrizione all’ordine dei giornalisti non è un sinonimo di professionalità e non presuppone la capacità di svolgere la professione con serietà, terzietà e competenza. Spiace constatare, poi, che tali scandalose condotte rischiano di trascinare nel fango anche i tanti bravi giornalisti che ogni giorno svolgono il proprio mestiere con passione, rispetto e impegno.