Hedge Funds di Gianfranco Torriero (Vice Direttore Generale dell’ABI)

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Tratto da “ Lessico Finanziario “ di Beppe Ghisolfi – ARAGNO Editore

Gli hedge funds sono una categoria di fondi comuni di investimento che non si presta ad una vera e propria definizione dal momento che si è per lo più sviluppata in assenza di una specifica normativa di riferimento e che utilizza strategie di investimento diverse da quelle dei fondi di investimento tradizionali.
Gli hedge funds sono nati negli Stati Uniti per poi diffondersi anche in Europa.
Inizialmente, nel 1949, il termine “hedge” (siepe, barriera, protezione) è stato coniato per definire proprio un innovativo stile di gestione connotato dal perseguire strategie di copertura dai rischi di gestione volte a ridurre la volatilità dei portafogli (e quindi il rischio e l’esposizione al rischio).
Tali coperture venivano assicurate anche attraverso vendite allo scoperto e l’impiego di derivati.
Nel tempo le strategie di gestione degli hedge funds si sono ampliate, per cui si sono sviluppati fondi con strategie aggressive mirate alla massimizzazione dei risultati, operando sul mercato dei tassi di interesse, su quello delle valute, sui mercati azionari nonché sviluppando strategie basate sull’acquisto e vendita allo scoperto, o comprando titoli su un mercato e rivendendoli su un altro mercato.

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In considerazione della elevata complessità delle strategie di gestione adottate dagli hedge funds, essi sono con- notati da elevate commissioni di gestione.
Le masse gestite hanno una dimensione coerente con lo specifico stile di gestione, è contenuto il numero dei partecipanti, sono previste sottoscrizioni di importo elevato, è scarsa la possibilità di liquidare l’investimento in tempi brevi.
Di conseguenza, questo tipo di investimento non è assolutamente adatto a chi non ha grandi somme da investire, non ha una elevata propensione al rischio e non ha una elevata conoscenza dei mercati finanziari.
Non è infrequente la loro localizzazione nei cosiddetti paradisi fiscali, cioè in Stati in cui la tassazione delle attività finanziarie è eccezionalmente bassa.
Mentre molti ordinamenti stranieri hanno consentito la costituzione anche di fondi comuni diversi da quelli espressamente disciplinati (e dunque hanno potuto creare hedge fund anche in assenza di apposita disciplina), l’ordinamento italiano ha ritenuto necessario tipizzare le caratteristiche essenziali delle diverse tipologie di fondi comuni e ha ricondotto la categoria degli hedge funds nell’ambito dei “fondi speculativi”.
L’impostazione adottata dalla normativa italiana originaria (1999) ha avuto un approccio essenziale, poiché si è limitata a stabilire i tratti distintivi fondamentali dei fondi speculativi italiani, riassumibili come segue:
◦ piena libertà di investimento;
◦ numero massimo di 100 partecipanti;
◦ ammontare minimo di ciascuna sottoscrizione pari a
500.000 euro;
◦ possibilità di essere istituiti o gestiti solo da società specializzate per tali fondi;
◦ divieto di sollecitazione all’investimento nelle quote di fondi speculativi.
Successivamente con il recepimento della direttiva europea sui fondi alternativi (2015) che ha introdotto una serie di misure volte a promuovere una maggiore integrazione del mercato europeo del risparmio gestito, armonizzando la disciplina applicabile ai gestori di fondi alternativi, i fondi speculativi sono confluiti nella categoria dei “fondi alternativi riservati” e sono stati sottoposti ad una nuova disciplina, anche in questo caso basata su un approccio essenziale, la quale si caratterizza per:
• ammettere solo investitori professionali o comunque investitori che sottoscrivono inizialmente almeno
500.000 euro;
• la possibilità di definire liberamente le proprie specifiche regole di investimento che vanno però rese chiare agli investitori in termini di: obiettivo, profilo di rischio, stile di gestione, tecniche di investimento, limiti di investimento;
• la possibilità di essere istituiti e gestiti anche da società non specializzate, purché ovviamente autorizzate a gestire fondi alternativi.