I tecnici contro il condono: “Una beffa per gli onesti”

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Il condono agli evasori contenuto nel decreto Sostegni arriva in Parlamento con il marchio d’infamia apposto da tre delle massime istituzioni preposte al controllo del bilancio dello Stato. “Un beneficio erogato a un vastissimo numero di soggetti, molti dei quali presumibilmente non colpiti sul piano economico dalla crisi, che genera disorientamento e amarezza per coloro che adempiono e può rappresentare una spinta ulteriore a sottrarsi al pagamento spontaneo per molti altri”. È questo il giudizio senza appello della Corte dei Conti nella memoria depositata alle commissioni Bilancio e Finanze della Camera. “Questo è il terzo annullamento unilaterale di cartelle adottato nell’ultimo ventennio – si legge – a conferma di una sostanziale impotenza dello Stato a riscuotere i propri crediti”.

Come rilevato dal Fatto nei giorni scorsi, la sanatoria delle cartelle emesse tra il 2000 e il 2010 sotto i 5mila euro (e per chi ha un reddito inferiore ai 30 mila euro) ha un costo secco per l’Erario di 666 milioni. In base al decreto lo Stato dovrebbe rinunciare al pagamento anche di cartelle esattoriali rateizzate e in corso di riscossione. Un risultato politico che va ben oltre quanto ottenuto, tra flat tax e “saldo e stralcio”, con il precedente governo giallo-verde dal principale sponsor del condono, la Lega, che ora nella discussione parlamentare tenta addirittura il raddoppio del tetto a 10mila a cartella. Come spiega l’Ufficio parlamentare di Bilancio nella sua relazione “vi è il rischio che l’introduzione di forme di definizione agevolata, che costituiscono vere e proprie forme di condono, possa comportare in prospettiva anche una riduzione della riscossione ordinaria”.

La cancellazione di debiti a fronte dei quali la percentuale di recupero sarebbe relativamente bassa, consentirebbe di concentrare l’attività sulle cartelle sulle quali sono più alti i tassi di riscossione, riconoscono gli esperti dell’Authority dei conti pubblici. “Va tuttavia rilevato – spiega l’Upb – che un decreto volto a sostenere le imprese, i lavoratori e le famiglie per i disagi economici subiti per effetto del perdurare della pandemia non appare costituire lo strumento più idoneo per introdurre misure per l’annullamento dei debiti residui che, oltre a rappresentare un condono, sono dirette a migliorare l’attività di riscossione”.

La Banca d’Italia allarga il giudizio negativo pure agli altri sconti fiscali del decreto Sostegni. L’eliminazione delle sanzioni per le irregolarità nelle dichiarazioni 2017 e 2018 delle partite Iva e la cancellazione delle vecchie cartelle “si prospettano come condoni, con incentivi negativi per l’affidabilità fiscale degli operatori e disparità di trattamento nei confronti dei contribuenti onesti”.                                                                                                                                                                     di Luciano Cerasa