Il calcio è cambiato in questi ultimi 10 anni, Mourinho no

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Mourinho non è evoluzione, è natura, materia di culto

Dieci anni e passa sono abbastanza per dimenticare la battuta più famosa, quella sugli Zero Tituli e presentarsi con un Daje Roma che la TV inglese ha fatto fatica a capire e tradurre, accartocciandosi in uno spelling improbabile.
Ma la missione di Mou non è quella di farsi comprendere dal mondo, bensì quella di farsi capire e amare dall’ambiente che lo circonda. Dove non trova questo ambiente, Mourinho è uno dei tanti.

Non ha bisogno di un palco, ma di un teatro intero, e quale teatro è meglio del luogo in cui si esibivano i gladiatori come lui? Mourinho sceglie di fare il leader nella città di Giulio Cesare, per combattere un nuovo nemico e fare la guerra alle grandi del Nord.
Nessun ambiente può essere più adatto di Roma, per lui. Nella sua scelta ha pesato certamente la bellezza della città, perché Mourinho è affascinato dalla storia, dall’arte, dal buon cibo, dal bello ed è un po’ stanco dei panorami inglesi, della pioggia di Londra, della foschia di Manchester. Nella sua testa c’era l’Italia, ma non una città qualunque: passati i tempi in cui José può scegliere il club più ambizioso, resta la possibilità di scegliere la città più importante del mondo, quella che ne ha scritto la storia.
La serie A ritrova un grande personaggio, un catalizzatore di attenzioni, un uomo di cultura capace di convincere grandi giocatori in attività e non (“Totti, che famo?”).
Resta da capire – ma il tempo dirà – se oltre a tutto questo, ritrova un grande allenatore o un vincente nella fase discendente della sua carriera. Di una cosa siamo sicuri: là dove fino a ieri regnavano l’amarezza, lo sconforto e la paura di essere rimasti indietro, oggi risuona una frase leggere, anzi leggerissima: Daje Roma.
(✏️ Cristiano Carriero)