IL DE GASPERI MENO CONOSCIUTO

0
106

Nelle commemorazioni di Alcide De Gasperi, ci si sofferma soprattutto sul suo ruolo di politico e di statista nell’Italia del secondo dopoguerra, come primo ministro per 8 anni consecutivi e come padre fondatore dell’Unione Europea. Viene trascurato o tralasciato del tutto il ruolo di politico svolto in gioventù nell’impero austriaco. La parentesi fascista e l’assenza di De Gasperi dalla vita pubblica per quasi vent’anni ha disgiunto le due fasi della sua biografia, quasi appartenessero a due persone diverse. Sicuramente si inseriscono in due contesti storici profondamente diversi.
Pieve Tesino, il piccolo comune in cui nacque De Gasperi il 3 aprile 1881, apparteneva allora all’Austria. Ovvio, quindi, che il giovane De Gasperi per il completamento dei suoi studi guardasse a Vienna, più che a Padova o a Bologna. Nella capitale dell’impero studiò filosofia e letteratura, intervenendo attivamente nel movimento studentesco cristiano. Una delle sue prime battaglie fu per l’istituzione di una facoltà italiana di giurisprudenza, che era una delle principali richieste degli studenti trentini, e per questa ragione fu per breve tempo arrestato.
Nel 1905, a 24 anni, divenne redattore de “Il Trentino” e per qualche tempo direttore. Attraverso le pagine del giornale prese spesso posizione affinché la sua regione – quella che la componente tedesca chiamava “Welschtirol”, per indicare il Tirolo abitato da popolazione italiana – godesse di una maggiore autonomia finanziaria, che consentisse una migliore tutela della cultura della minoranza. Con questo suo atteggiamento De Gasperi si contrapponeva ai nazionalisti tedeschi più radicali, che miravano invece alla germanizzazione della minoranza italiana in Trentino (il fascismo avrebbe fatto la stessa cosa al contrario pochi anni dopo nel Sud Tirolo annesso all’Italia, attraverso una modifica cervellotica della toponomastica e la sistematica italianizzazione della popolazione di lingua tedesca).
La maggiore autonomia rivendicata per gli italiani dell’impero, tuttavia, non aveva come obiettivo, nemmeno a lungo termine, una loro indipendenza politica e l’annessione al regno d’Italia. De Gasperi non fu mai un irredentista, non mise mai in discussione l’appartenenza del Trentino all’Austria-Ungheria e si disse convinto che, in caso di plebiscito, la stragrande maggioranza dei suoi corregionali di lingua italiana avrebbero votato per Francesco Giuseppe.
Nel 1911 fu eletto al Parlamento di Vienna nella circoscrizione di Fiemme-Fassa-Primero-Civizzano. Tre anni dopo fu eletto a far parte anche del Landtag del Tirolo. In queste sue funzioni pubbliche continuò a operare per far ottenere alla minoranza italiana una maggiore autonomia.
Sull’atteggiamento di De Gasperi nei confronti della monarchia absburgica è illuminante la testimonianza di Friedrich Funder, per molti anni direttore del Reichspost (giornale viennese di area cristiano-sociale), imprigionato dai nazisti dopo l’Anschluss. Nelle sue memorie, ricorda l’incontro avuto con De Gasperi sul finire del 1914, quando la Prima guerra mondiale era già incominciata, ma l’Italia non vi prendeva ancora parte. Funder, in quell’occasione, chiese al parlamentare trentino se fossero vere le voci, secondo cui il governo di Vienna sarebbe stato pronto dopo la fine della guerra a cedere all’Italia il Trentino.
Riportiamo testualmente la risposta da De Gasperi, come riferita da Funder nelle sue memorie: “La situazione sta in questi termini: il 95% della popolazione italiana del Sud Tirolo (il giornalista viennese adopera questa espressione, per indicare la parte del Land Tirolo di allora abitata da popolazione di lingua italiana, nda) rivolgono i loro naturali interessi verso l’Austria, cui appartengono da secoli. Guardi per esempio i nostri maestri, che al nostro popolo hanno molto da insegnare; provengono da scuole austriache e, se l’Italia ottiene il Trentino, verrebbero sostituiti da maestri italiani del regno. I nostri sindaci non hanno alcun piacere a scambiare l’autonomia di cui godono in Austria con quella che hanno i primi cittadini in Italia. E dei nostri parroci lei non sentirà mai dire che siano ferventi irredentisti verso l’Italia, che è in permanente conflitto con il Vaticano. E la grande massa della nostra popolazione, i nostri produttori di vino e di frutta, che in Italia non hanno alcuna prospettiva di mercato, mentre tutti i loro interessi economici sono legati all’Austria, che cosa pensa che questa gente voglia?”.
Un pezzo della nostra storia da non dimenticare.