Il diritto della Capitana, il rovescio del Capitano e il dovere di resistenza dei Cittadini

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“L’Ue si fa viva solo quando c’è da batter cassa. Non vorrei ricorrere a non identificare i migranti che sbarcano in Italia così che se ne possano tranquillamente andare in altri Paesi europei”, disse il Capitano.

In un paese normale chi desse pubblicamente un’indicazione così precisa ai propri sottoposti, quella di non rispettare l’art. 9 del Regolamento UE n. 603/2013 (cd Regolamento Eurodac) che impone l’identificazione dei migranti, sarebbe perseguito e punito per il reato di istigazione a delinquere, precisamente istigazione a rifiutare od omettere un atto doveroso del proprio ufficio.

E invece siamo in un paese assai poco normale e sempre meno civile, in cui si arresta la Capitana di una nave che ha salvato naufraghi in mare (obbligo imposto dagli art. 489 e 490 del Codice della Navigazione e art. 98 Convenzione Unclos) e li ha condotti nel POS (place of safety – porto sicuro più vicino), rispettando la Convenzione di Amburgo del 1979 (cd Convenzione Sar), letteralmente ostacolata nell’approdo dalle motovedette della Guardia di Finanza.

Ora la Capitana è indagata per la presunta violazione dell’art. 1100 del Codice della Navigazione: resistenza o violenza a nave da guerra, lei che ha adempiuto al più sacro dovere di pace, quello di salvare vite umane e lo ha fatto in evidente stato di necessità (art. 54 codice penale: “Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.”)

Democrazia e stato di diritto in Italia oggi sono gravemente infettati: i cittadini consapevoli del loro diritto costituzionale di resistenza – che nei frangenti estremi diventa dovere – sono l’unico antibiotico disponibile.