Il fascino del cammino per Santiago di Compostela: una esperienza vissuta

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NOLE CANAVESE – In molti l’anno già fatta o la stanno facendo; tanti l’hanno pensata o ne sono incuriositi…; qualcuno non è interessato; pure questa esperienza naturalistico-spirituale attrae ogni anno migliaia di pellegrini, persone di ceto e cultura diversi che, in forme differenti e molto soggettivizzate, realizzano “il cammino” (sotto vari percorsi) che porta a questa chiesa di Santiago, in Spagna, entrambi famosi nel mondo e dichiarati nel 1985 Patrimonio dell’Umanità.
Bisogna risalire al Medioevo per trovare i primi pellegrinaggi che dalla Francia portavano a Santiago di Compostela, Galizia, Spagna, dove secondo la tradizione è stato trovato nel IX secolo e riposa il corpo dell’apostolo Giacomo il Maggiore. Anche se in realtà fu decapitato in Palestina e furono i suoi seguaci a portare il corpo là dove aveva evangelizzato per anni.
Nasce appunto da questo ritrovamento il pellegrinaggio che attrae così tante persone, religiose e non, per il suo fascino e per l’esperienza unica che lascia in quanti vengono coinvolti.
Il nome Compostela Campus Stellae (campo della stella) probabilmente trae origine da alcune visioni di un eremita, Pelagio, e dal sogno di un vescovo, Teodomiro, che vide – “..in luogo illuminato come luci di stelle…” – tre tombe una delle quali recava l’iscrizione: “Qui giace Giacomo, figlio di Zebedeo e Salomé”; altri lo fanno risalire a Campos Tellum (terreno di sepoltura).
Venne quindi realizzato il primo tempio, nell’VIII secolo, dal re delle Asturie Alfonso II° detto il Casto, affidato ai monaci benedettini; subito dopo iniziarono i pellegrinaggi. Il tempio fu poi distrutto dagli arabi (997) e ricostruito nel 1075 (prima trasformato in Cattedrale, poi in Basilica Minore).
A questa versione ufficiale della Chiesa Cattolica ne va aggiunta, ad onor del vero, un’altra secondo la quale in questa Cattedrale è sepolto il vescovo eretico Priscilliano, processato e decapitato a Treviri nel 385.
I percorsi base del cammino sono tanti tra cui uno che proviene dall’Inghilterra, ma sostanzialmente si riducono, alla fine, a due: il primo parte dalla Francia, il secondo ha origine in Italia – lungo la via Francigena, però percorsa al contrario… l’originale andava dalla Gran Bretagna a Roma -; questi due “cammini”, superati i Pirenei giungono ad Estella per poi seguire un unico percorso che, attraverso una quindicina di tappe, porta a Santiago (in tutto circa 800 km); a questi due si aggiunge un terzo cammino che parte da Lisbona.
In epoca moderna l’itinerario è stato ridotto con partenze differenziate, da luoghi diversi e con tappe più o meno lunghe, nel percorso delle quali i pellegrini non sono mai lasciati soli. Si può anche arrivare a Santiago con i comuni mezzi di trasporto e poi si torna indietro percorrendo solo la parte terminale (mediamente circa 100 km); in molti camminano seguiti o preceduti dai bagagli che viaggiano separatamente.
Maria Luisa Baima, nolese, ha percorso con altri due amici per la prima volta questo cammino (da Sarria a Santiago, 113 km) nello scorso mese di agosto, vivendo una esperienza unica che ha voluto socializzare con i nostri lettori.
Tante e differenziate sono state le strade su cui ha marciato lentamente ogni giorno, per percorsi diversi, sotto il sole o con la pioggia, su sterrato o su asfalto; spesso lungo viali alberati di eucalipto, che si presentano come colonne gotiche, incontrando tanti esseri umani di cui, poi, solo qualcuno che particolarmente l’ha colpito è rimasto nel ricordo. Nello specifico, una signora inglese solitaria, silenziosa e dal passo cadenzato, con cui era difficile parlare ma non difficile comunicare e capirsi. Nascono così spunti e racconti che partendo da riflessioni interiori portano a capire meglio se stessi, diventando più disponibili verso il prossimo: la solidarietà giunge naturale ed è d’obbligo in questa esperienza. Muoversi ed avanzare passo dopo passo sotto cieli allo sguardo nuvolosi e pieni d’acqua e vento, desiderando e cercando squarci di sereno meteorico ed interiore.
La meditazione/riflessione giunge spontanea nel considerare se stessi e le proprie esperienze; e poi – pur se tra persone che non si conoscono e le lingue sono diverse – sempre sorrisi di incoraggiamento accompagnati dalle parole “Buen camino”. Persone mai conosciute ma unite dalla stessa meta: la grande gioia di vedere la cattedrale di Santiago, dove tanta gente diversa si ritrova dopo il comune, lungo cammino.
Ma oltre a questo – ci racconta Luisa – è giocoforza percorrere in questo viaggio anche un cammino interiore, spirituale, non solo “la passeggiata”, ma un rivedere, rivalutare, scoprire e ricomporre “l’io interiore” su cui abitualmente poco ci soffermiamo, in un “cammino” di arricchimento che non molte altre esperienze ti possono donare.
Si tratta, continua Luisa parlando di questa avventura, di una tappa, una meta della propria vita, che ti fa poi vedere tutto quello che conosci come un universo/mondo nuovo, diverso, più ricco di emozioni e sensazioni rispetto alla vita quotidiana, così materialmente e pragmaticamente sempre uguale a se stessa.
In molti, giunti a Santiago, proseguono poi per Finisterre (Fisterra o Finisterra), sull’oceano, dove si assiste al tramonto e si abbandonano oggetti vecchi, della propria vita del soggettivo passato; ed anche si possono bruciare i vestiti o le scarpe usati nel cammino, per dare simbolicamente una svolta alla propria esistenza. Qui anticamente si raccoglievano le conchiglie che avrebbero dimostrato l’avvenuto pellegrinaggio. Nel Medioevo questo luogo veniva considerato il limite estremo delle terre conosciute; qui in tanti si immergono anche oggi nell’oceano per un lavacro simbolico e purificatore. La leggenda vede in questa località un punto di congiungimento delle anime dei morti pronte a seguire il sole nel suo corso per attraversare il mare.
La conchiglia ed il bastone (bordòn), – oltre agli zaini e spesso a tante biciclette con anche gatti o cani – sono i fedeli compagni di viaggio scelti, dopo adeguata preparazione, dai pellegrini per questo cammino.
Un’esperienza particolare ha coinvolto Luisa, persona riflessiva ed attenta. Giunta a Finisterre, avrebbe voluto, come si era prefissa, simbolicamente abbandonare due vecchie fotografie del suo passato; ma è successo qualcosa di strano che le ha fatto cambiare idea. La conchiglia che per tanta strada era stata sua fedele compagna si è improvvisamente rotta. Allora, a questo segno, ha pensato fosse meglio abbandonare questi cocci frutto del cammino, dopo l’avvenuto arricchimento spirituale interiore, e non rinnegare se stessa. Così ha fatto, ritornando alla sua casa rinnovata e più ricca di quando è partita… e con tanta nuova energia da dedicare, come fa da anni, al prossimo bisognoso.

Franco Cortese Notizie in un click