Il Mezzo Sbagliato: chiudere le scuole è chiudere il Paese

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la She-cession è già costata quasi 480 mila occupate in meno

Roma – “La chiusura dei nidi e delle scuole, soprattutto quelle del primo ciclo, sarebbe una sciagura sia per il futuro dei bambini e delle bambine sia per i genitori, per le donne, per tutti” così le promotrici del Giusto Mezzo, a sostegno delle posizioni espresse dalle ministre Bonetti e Azzolina.

“Economisti di tutto il mondo stanno analizzando e definendo il dissesto economico causato dalla pandemia – e innestata dai lockdown – come una vera e propria She-cession. Il nome è stato coniato osservando il grave colpo inflitto alla popolazione femminile: la crisi ha messo in ginocchio settori economici soprattutto a occupazione femminile, e il lockdown ha privato tutte le madri del supporto alla cura dell’infanzia a causa della chiusura dei nidi e delle scuole. L’effetto misurato è stato un crollo mondiale dell’occupazione femminile.”

“A ciò si sommano i risultati di alcuni studi pubblicati studi in Canada e agli Stati Uniti che mostrano come il crollo dell’occupazione a livello globale vada a braccetto con una decrescita della domanda interna. Ecco, il non lavoro e il non consumo comporterà una recessione persino più grave di quella post 2008. Per questo occorre investire in modo chirurgico in servizi di cura, non chiuderli”

“L’Italia, in questo senso, è una delle realtà più a rischio a causa della disomogenea se non assente presenza dei servizi per l’infanzia, perché manca il tempo pieno e, last but not least, la situazione occupazionale femminile è a metà tra Occidente e Terzo Mondo.

Il nostro Paese, infatti, è ultimo in Europa per occupazione femminile e i dati sono peggiorati in modo preoccupante con la pandemia: in Italia si registrano circa 480mila occupate in meno rispetto al secondo trimestre 2019 (di queste, 323mila con contratto a tempo determinato). Il tasso di occupazione femminile è sceso al 48,4%, ovvero inferiore al 50%, con punte più basse nell’Italia meridionale, dove 7 donne su 10 non lavorano.

Siamo le nuove povere del mondo, questa è la verità. Lo ha raccontato anche l’ultima indagine della Caritas, dove sempre più madri (quasi mezzo milione) si recano a chiedere un pezzo di pane per sé e per la prole. Donna, italiana, disoccupata e con figli, è il nuovo triste ritratto dell’indigenza italiana. Eppure eravamo le più brave a scuola. Per questo sosteniamo gli sforzi delle due ministre: il diritto all’istruzione deve essere una priorità assoluta, anche per far continuare – con pervicacia – a sostenere economicamente il sistema Paese, che senza noi crollerebbe.

Ogni sforzo deve compiersi non solo per tenerli aperti, ma persino per aumentare l’offerta di servizi per la prima infanzia e per allungare il tempo scuola nel primo ciclo, proprio per liberare il tempo delle donne dal carico di cura e contrastare gli effetti di questa particolare recessione che verrebbe invece assecondata da una chiusura.

Le Regioni valutino il grave danno di un’eventuale chiusura generalizzata, chiudano in modo selettivo in caso di positivi, si prevedano chiusure di altri settori, meno a rischio di propagazione recessiva, rispetto a quella causata dalla chiusura della scuola e dei servizi per l’infanzia. Il contagio del virus preoccupa, ma preoccupa anche la povertà: il lavoro delle donne non è più una questione solo di genere ma di tenuta economica del Paese”

LE PREMESSE DE IL GIUSTO MEZZO

L’Italia attraversa una forte crisi economica a causa della pandemia che porterà il Paese a minore ricchezza e minore lavoro, per questo serve il contributo di tutti, potenziando il valore del lavoro delle donne. Se cresce il lavoro delle donne crescono il PIL ed il Paese. Le donne si diplomano e laureano di più degli uomini, ma lavorano di meno:
il 50% delle donne non lavora, al Sud il 70%. Maternità e cura della famiglia in Italia sono quasi totalmente a carico delle donne e molto poco a carico del Paese. Natalità, maternità e famiglia sono però la ricchezza del Paese, oltre che urgente necessità: non possono rimanere solo un carico delle donne, ma vanno sostenute con politiche nazionali.

LE RICHIESTE DE IL GIUSTO MEZZO

1. Sostegno alle attività di cura attraverso il supporto all’infanzia (nidi e tempo pieno in tutto il territorio nazionale non con bonus ma con offerta diffusa) e assistenza ai disabili e alla terza età

Su 1.8 Milioni, 75 bambini su 100 in Italia non hanno posto al nido (copertura 24,7 %, dato Istat 2018). I figli sono un bene comune e devono essere oggetto di cura del Paese. 
Nido per tutti significa tempo per lavorare. Una persona in più che lavora = PIL che cresce. Non solo, oltre il 70% del lavoro di cura in Italia ricade sulle donne. Non solo quando si parla di figli, ma anche di familiari anziani o disabili.
Per questo servono servizi territoriali diffusi, adeguati ed efficienti che non siano carico economico delle donne e delle famiglie ma che siano a carico dello Stato.

2. Parità sul lavoro

In Italia le donne possono guadagnare in meno fino al 40% in meno dei colleghi uomini con le stesse mansioni e lo stesso titolo di studio. Questo dato è dovuto a una combinazione di fattori: il costo-opportunità di un’azienda che assume una donna in età fertile è sempre più alto rispetto all’assunzione di un uomo, perché l’uomo non ha 5 mesi di maternità obbligatoria, ma solo 7 giorni; le donne sono pagate meno in quanto vittime di discriminazione. Per abbattere questa disparità servono due interventi: legge sulla parità salariale; congedo di paternità obbligatorio a tre mesi (e non 7 giorni); rimborso dei costi che pagano le imprese per la maternità e la paternità dei e delle dipendenti, e anche per le partite IVA: tutte le mamme e i papà sono uguali, dipendenti, autonomi e autonome.

3. Sostegno all’occupazione delle donne

Prima della crisi economica per il Covid19, in Italia lavoravano il 52,5% delle donne, e il 71,7% degli uomini. Oggi l’occupazione femminile è scesa al 48%. Sono ancora troppe poche le donne che lavorano, soprattutto al Sud, con conseguenze negative sulla loro indipendenza economica, sul loro livello di povertà, sulle loro pensioni e sulla produttività tutta del sistema economico. Servono incentivi per chi assume le donne e sostegno all’imprenditoria femminile.

IL MOVIMENTO “IL GIUSTO MEZZO”

“Il Giusto Mezzo” (www.ilgiustomezzo.it) prende il testimone dell’iniziativa Half Of it promossa dall’europarlamentare tedesca Alexandra Geese – che già prima dell’estate ha inaugurato la stagione delle richieste per il Recovery Fund – e lo rielabora per affrontare le reali urgenze del Paese. I firmatari e le firmatarie dell’appello chiedono un cambio di paradigma con una lettera inviata al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, ovvero interventi programmatici e strategici in 3 ambiti chiave per il futuro: servizi di cura della persona, occupazione femminile e disparità di genere.

Attraverso questo appello, che ha raggiunto le 45 mila firme, ribadiscono che il loro interesse non è la questione femminile ma l’efficienza del sistema, degli investimenti che farà il nostro Paese, sia con le risorse straordinarie europee e del Recovery Fund, sia con quelle ordinarie, e il loro reale impatto sulle generazioni future.

Promotrici de Il Giusto Mezzo sono Alessia Centioni, Alexandra Geese, Chiara Gribaudo, Francesca Fiore, Costanza Hermanin, Sarah Malnerich, Valentina Parenti, Pina Picerno, Daniela Poggio, Lia Quartapelle, Azzurra Rinaldi, Mila Spicola, Cristina Tagliabue. Le prime associazioni promotrici de IL GIUSTO MEZZO sono DateciVoce, GammaDonna, Le Contemporanee, Mammadimerda, Prime Donne, European Women Alliance e Noi Rete Donne.