Il ministero scomparso Se lo sport esce dai radar della politica

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Per giorni ho aspettato una telefonata, che non è arrivata. Speravo che qualcuno mi telefonasse a proposito di uno strapuntino “tecnico”, nel sottoscala del nuovo governo, che si occupi di sport. La telefonata, però, non è arrivata, anche perché non appartengo ad alcuna lobby o partito, e quindi non posso lamentarmi. Eppure, dopo un incerto ministero dello Sport, che ha rischiato di far sfilare senza tricolore la nazionale italiana ai Giochi olimpici, fa un certo effetto che lo sport sia quasi scomparso – nuovamente – dell’orizzonte della politica italiana.

Certo, qualche sottosegretario avrà la “delega”, ma non se ne accorgerà nessuno. Certo, il mondo dello sport, almeno quello istituzionale, dal Coni al neonato “Sport e Salute”, tirerà un sospiro di sollievo, perché fin dai tempi di Giulio Onesti, ha sempre inseguito il principio “lo sport agli sportivi”, per gestire, in relativa autonomia, tanti soldi e migliaia di società sportive, che svolgono un ruolo importantissimo, a favore dei giovani e non solo.
Educazione civica sul campo

Eppure, prima o poi, la politica dovrà porsi davvero il problema dello sport in Italia, non quello di vertice, di competenza del Coni, che ci entusiasma con le medaglie o ci delude quando non arrivano. Lo sport, infatti, coinvolge, al tempo stesso, un’enormità di soldi televisivi e un volontariato umile e generoso, che tira avanti tra mille difficoltà. Lo sport è (ri)diventato una religione pagana, forse la religione più frequentata al mondo, che si nutre di una frequenza quotidiana di milioni e milioni di “fedeli”.

Lo sport ha una dimensione etica e i suoi “comandamenti” dettano fatica, impegno, sacrifici, lealtà. Lo sport è soprattutto una scuola di “educazione civica”. Ecco perché sarebbe ora che la politica, dopo un paio di tentativi finiti abbastanza male, riscoprisse davvero il ruolo dello sport nella società italiana, senza piccole invidie nei confronti della “casta” del Coni. Sarebbe ora che la politica si impegnasse per riconciliare il mondo dello sport con quello della scuola, che per decenni ha guardato con diffidenza chi, invece che studiare, “perdeva tempo” in piscina, in pista, in palestra, sui campetti di calcio, o, peggio ancora, gareggiava il sabato e la domenica, senza essere giustificato il lunedì.

Lo sport dà una direzione, un senso, una speranza e un sogno a milioni di giovani, che devono imparare a sacrificarsi e a rispettare le regole. Ecco perché è importante, anche se non mi è arrivata quella telefonata, che la piccola “delega” allo sport sia data a un tecnico, meglio – a questo punto – se una donna, che abbia fatto sport davvero, che abbia faticato, vinto e perso, confrontandosi – con fair play- con le avversarie e che lo sport lo conosca davvero.                                                                                                                  Di Franco Del Campo