IL NOSTRO REGALO: UNA MEMORIA DAL TERRITORIO, TESTIMONIANZA DI GRANDE SOLIDARIETÀ UMANA. BUON NATALE

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“A quarant’anni dal terribile terremoto che distrusse centinaia di paesi dell’Irpinia, gli organi di informazione hanno ricordato quella catastrofe, mettendo in evidenza il grande movimento di solidarietà che ne seguì, dopo l’accorato appello di Sandro Pertini.
C’è chi ha parlato di quei giorni, e dei mesi che seguirono, come dell’ultimo grande abbraccio fra il Nord e il Sud dell’Italia. In una situazione in cui la “protezione civile” ancora non esisteva, migliaia di volontari, fra i quali tanti giovani, si organizzarono in vari modi per aiutare quelle martoriate popolazioni.
Io voglio ricordare un’esperienza che mise alla prova anche chi di noi militava in un Partito che aveva una grande capacità organizzativa, il PCI, allora guidato da Enrico Berlinguer, un partito che fu tra i protagonisti di quel grande moto di solidarietà.
Ad ogni federazione provinciale venne assegnato il compito di aiutare uno dei comuni più colpiti.
A noi del PCI di Padova toccò un piccolo comune di 600 abitanti, Santomenna, incastonato a 500 metri di altitudine fra i monti dell’Appennino, in provincia di Salerno: molti i morti, tantissime case distrutte.
A Padova si erano già attivati per aiutare l’Irpinia moltissimi volontari, organizzazioni cattoliche e laiche, giornali e radio emittenti locali. Molti organizzarono una massiccia raccolta di coperte, di vestiario, di medicinali, di cibo.
Mancava, a Santomenna, un posto dove le persone potessero mangiare, dato che la quasi totalità dei focolari domestici era impraticabile; serviva un ristorante. La segreteria provinciale con a capo Franco Longo, decise così di portare laggiù un grande capannone con relativa cucina, frigo, vettovaglie, tavoli, sedie, cibo. Insieme ai camion con il materiale partirono molti volontari, fra i quali montatori, elettricisti e cuochi con esperienza di ristorazione collettiva accumulata nelle Feste de l’Unità.
La cosa funzionò, e andò avanti per alcuni mesi, finché fu necessario. Riuscivamo a distribuire più di 400 pasti al giorno. Tanti si fermavano a mangiare al “ristorante” e a scambiare con noi qualche parola, altri che avevano rimediato un riparo di fortuna, si portavano via qualcosa.
Ricordo ancora alcuni di quei volti segnati dal dolore e dallo smarrimento di fronte a una tragedia che cancellava anche la speranza. Ricordo gli ammassi di macerie ai margini di strade piene di crepe, di detriti e di fango.
Non eravamo per niente ottimisti sul futuro di quei luoghi, eppure c’era anche la soddisfazione e la consapevolezza, da parte nostra, dei comunisti padovani, di aver fatto parte di un grande slancio di solidarietà del popolo italiano, di quell’abbraccio fraterno fra Nord e Sud, del quale anche oggi sentiamo il bisogno”.
Ennio Girardi