Il sindacato c’è: cresce la fiducia

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Nell’epoca dell’uomo solo al comando, l’ultima fotografia scattata dal Rapporto Italia 2020 dell’Eurispes sulla fiducia degli italiani verso le istituzioni, pubbliche e private, lascia quantomeno un barlume di speranza. Tra i soggetti più apprezzati leggiamo: volontariato, protezione civile, scuola, università, chiesa e, udite udite, sindacato. Sì, proprio lui, bistrattato e deriso, ritenuto inutile e obsoleto dal populismo imperante, sta riprendendo quota dopo anni di sparizione dai radar del gradimento della gente. In un anno fa un balzo di quasi dieci punti percentuali: dal 37,9 al 46,4%, di quasi trenta se lo paragoniamo al 2012, dove era fermo al 17,2%. Numeri tutt’altro che scontati, frutto di una macchina del fango contro le organizzazioni dei lavoratori che si è fatta sempre più spietata. Un mix di mistificazione e qualunquismo sintetizzato dalla gettonatissima domanda: dove eravate? A leggere l’incremento registrato dall’analisi Eurispes, la risposta diventa pleonastica.

È indubbio che negli ultimi dodici mesi la presenza del sindacato sia stata più tangibile. Milioni di persone hanno partecipato alle tante manifestazioni nazionali e territoriali di Cgil, Cisl e Uil e aderito agli scioperi indetti dalle rispettive categorie, per sostenere le proposte contenute nella piattaforma unitaria su fisco, pensioni, contratti, investimenti e Mezzogiorno. Tanto lavoro nelle piazze (e quello è abbastanza scontato), dentro le fabbriche e le aziende (scontato pure quello). La novità vera che ha riacceso quel benedetto segno più alla voce “fiducia” è in realtà un’altra e va ricercata dentro il Palazzo, dove il sindacato è tornato a farsi sentire, ricominciando a giocare un ruolo centrale nel dibattito pubblico e politico. Tavoli, incontri, scontri, confronti e, di conseguenza, risultati. Ultimo, in ordine di tempo, il taglio del cuneo fiscale. Un cambio di passo che fa felice il segretario generale della Cgil Maurizio Landini perché dimostra “come nel nostro Paese ci sia una forte domanda di rappresentanza e di partecipazione”. Un risultato, aggiunge il leader di Corso d’Italia, “che ci gratifica, ma al tempo stesso ci responsabilizza. Siamo, infatti, consapevoli che dal nostro lavoro quotidiano possano dipendere le condizioni materiali dei giovani, dei lavoratori e dei pensionati”.                                                                 di Stefano Milani