Il Sud si sta drammaticamente spopolando

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In cinque anni la popolazione italiana si è ridotta di 550 mila unità scendendo a 60,25 milioni dal picco di 60,8 di inizio 2015: un calo significativo e destinato, in base alle più recenti proiezioni demografiche, a proseguire. Ma anche questi numeri complessivi nascondono una realtà molto diversificata e – una volta analizzati – rimandano ad uno squilibrio che non mancherà di avere effetti sul futuro delle Regioni meridionali.

Se si guardano infatti le cifre su base territoriale, rese disponibili dall’Istat nello scorso mese di luglio, salta subito all’occhio un dato: il declino demografico del nostro Paese non riguarda il Nord del Paese, che mantiene sostanzialmente lo stesso livello di abitanti di cinque anni fa e colpisce invece in una certa misura il Centro e, con intensità ancora maggiore Sud e isole. Le regioni nord-occidentali e nord-orientali perdono infatti complessivamente meno di 25 mila abitanti su quasi 28 milioni, con una variazione percentuale pressoché nulla.

Il Centro perde circa 100 mila persone (rispetto ad una base di 12 milioni) mentre il Mezzogiorno nel suo insieme vede la sua popolazione di quasi 21 milioni ridursi di oltre 400 mila unità, con una variazione negativa intorno al 2 per cento. L’algebra demografica ci aiuta a capire almeno a grandi linee anche le cause del fenomeno. Quasi tutte le aree del Paese (con l’eccezione della Provincia di Bolzano) hanno un saldo naturale negativo: il numero dei morti supera quello dei nuovi nati.

Ma Sud e isole evidenziano costantemente dal 2015 anche il segno meno nel saldo migratorio, ovvero la differenza tra coloro che per qualsiasi motivo vengono iscritti in anagrafe e coloro che invece sono cancellati. Colpa in buona parte dagli spostamenti interni, quelli degli italiani che lasciano le Regioni meridionali diretti al Nord o all’estero. Intercettando una parte di questo flusso ed anche quello dell’immigrazione regolare da altri Paesi, molte aree settentrionali a compensare la crisi delle nascite.

Crisi che del resto in prospettiva è più grave al Mezzogiorno e al Centro, dove (per il Sud contrariamente a quanto avveniva in passato) si registrano tassi di fecondità più bassi della media nazionale e soprattutto di quelli del Nord.

GLI EFFETTI Di fronte a questi fenomeni, di solito si pensa alle conseguenze lontane nel tempo, che riguardano tutto il Paese: nei prossimi decenni una quota sempre più ridotta di popolazione in età lavorativa dovrà produrre risorse per tutta la società.

Ma il calo delle popolazione in particolare nelle aree interne del Mezzogiorno sta già producendo effetti drammaticamente tangibili: scuole che chiudono per assenza di alunni, ospedali ridimensionati, attività economiche progressivamente asfissiate. Un isolamento che si trasforma in circolo vizioso, togliendo speranza e voglia di restare ai pochi giovani ancora presenti.                                                                         Luca Cifoni