Il telelavoro è una realtà presente da moltissimi anni in molti paesi

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Porta con sé un numero impensabile di elementi positivi.
Elimina parte dell’inquinamento dovuto ai frequenti spostamenti dei lavoratori, permette di limitare il bisogno di permessi per figli e questioni personali, sposta il mirino dalla quantità di ore lavorate alla qualità del lavoro svolto, consente un risparmio alle aziende in termini di infrastrutture e uffici. Ma in Italia lo si è sempre ignorato più per mentalità che per reale pragmatismo. Ora ci troviamo di colpo disorganizzati di fronte ad una emergenza (lungimiranti).

Per anni ci hanno detto che pubblico è male e privato è bello. Hanno detto che non c’erano soldi, che la sanità pubblica andava smantellata perchè funzionava male, che con meno posti letto avremmo avuto un sistema più semplice e efficace. Ora siamo ridotti all’osso, il personale rischia il Burnout e se non si contiene il contagio i reparti di terapia intensiva si troveranno a scegliere chi deve vivere e chi deve essere lasciato andare perchè poi non è che ci sono solo i malati di COVID19 in quei reparti. Del privato non si sente più parlare e in trincea ci sono quelli che già facevano turni disumani (intelligenti).

Non è stato solo bisogno inevitabile, ma era diventata una propria e vera mentalità quella per cui le famiglie dovevano essere disgregate e ogni componente recarsi in un luogo di lavoro a migliaia di km dall’altro. Spesso lo si è fatto solo per convinzione, non per reale motivazione logistica. Anzi, ancora oggi se non sei pronto a mollare tutto per andare a guadagnare 1200 euro a 600 km di distanza da casa, sei ritenuto un debole.
Ora assistiamo a figli che non possono nemmeno abbracciare genitori rinchiusi in zona rossa e abbiamo un aumento dei contagi dovuti ad una eccessiva mobilità già insita nelle nostre abitudini e peggiorata dal sistema lavoro. (stacanovisti)

Ilaria Ricci Picciloni