Il Trasformismo dei fantasmi del passato

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Ora che le forze politiche, stoppate dalle correnti interne, dai veti incrociati, con un meccanismo perverso di tipo spartitorio dove conta la fedeltà e non la competenza, hanno ultimato la lista dei sottosegretari, è emerso il trionfo della vecchia politica e il consolidarsi del mai sopito conflitto d’interessi. Così dopo che si è sfiorata la rissa, e dopo estenuanti rinvii, il premier Draghi ha proceduto alla chiusura del cerchio con la nomina dei sottosegretari. Lo spettacolo di per se poco edificante ha evidenziato quanto famelici siano i partiti nella corsa all’accaparramento delle “poltrone”, nessuno escluso, neppure “l’antipoltronista per eccellenza” (a parole), l’innominabile giuda di Rignano. Non si è mai assistito in questi termini nella storia repubblicana ad una spasmodica voglia di posti di potere che dopo i ministri, a scelta Draghi, si è conclusa con la nomina politica dei sottosegretari; un trasformismo che sa di profondo servilismo nei confronti di un potere legato come non mai alle lobby finanziarie. La scena per certi aspetti tragicomica ricalca il classico insegnante che placa l’ira degli allievi riottosi distribuendo varie prelibatezze. Riavvolgendo il nastro del tempo non si può che rimanere disorientati dalle nuove diversità di vedute dei partiti per la risoluzione dei gravi problemi che affliggono l’Italia, dal cambiamento repentino di certe valutazioni, di certe affermazioni, e da una radicale inversione del proprio programma politico anche in termine europeista; una macedonia di intenti e di forze politiche così diverse alla corte di un banchiere, in cui le opinioni dei singoli rappresentanti scadono nel pensiero unico e verticista del premier. Il canto mitologico delle sirene, sempre attuale, legato alle “poltrone” e al potere non può che annebbiare la linea politica dei partiti e le scelte dei rappresentanti, che perdono di vista le vere necessità del Paese e le tante aspettative degli italiani. Solo mantenendo la barra ferma e l’identità delle forze progressiste si potranno evitare commistioni indigeribili e rimanere ancorati fedelmente ai propri valori. Le cosiddette forze produttive del Paese, confindustria, fonti di commistione tra pubblico e privato, in perenne conflitto d’interessi, in questo governo tecnocratico hanno trovato la chiave di volta per l’attuazione di progetti utili ad opere faraoniche, omettendo le priorità e le necessità in un Paese sempre più diviso e con un meridione in costante arretramento e sottosviluppo. Del resto basta osservare la squadra di governo a evidente trazione nordista, per potere immaginare un futuro a tinte fosche per il meridione d’Italia. La lega da sempre vicina ai grandi interessi imprenditoriali del nord insieme al noto imprenditore pluriprescritto di Arcore, non vede l’ora di mettere all’incasso la sua posizione e il suo peso all’interno di questa “armata brancaleone” politico tecnocratica, rendendosi servile agli interessi dei soliti noti a discapito di quelli dell’intera collettività. Sarà proprio vero che spese e investimenti prenderanno la via del nord, anche per opere poco produttive, lasciando nella loro marginalità vaste aree del mezzogiorno, perpetuando all’infinito la questione meridionale. I nuovi vecchi volti della politica si ripresentano come fantasmi del passato con i consolidati risvolti finanziari, con i loro intrecci e intrallazzi più o meno secretati, con legami ben stretti sia da destra che da sinistra ai cosiddetti uomini faro di certa imprenditoria manageriale spesso fonte inesauribile di corruzione.                                                            (Dott. Paolo Caruso)