Il virus-Bibbiano: “Prove solide, la luce non si spegnerà”

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Il Coronavirus ha smesso di occupare ogni piega della cronaca e si torna a parlare di Bibbiano. E succede una cosa strana, ovvero che chi conosce la vicenda, il luogo e il tempo da cui parte, le ramificazioni e gli intrecci di quegli psicologi con i tribunali d’Italia, trova la parola “contagio” aderente anche a questa storia.

Perché anche Bibbiano, in fondo, è una malattia che parte da lontano, che si è propagata, che ha scelto il suo paziente zero, il territorio in cui propagarsi silenziosamente, le sue vittime.

La Procura di Reggio Emilia ha chiesto il rinvio a giudizio per ben 24 imputati a seguito dell’indagine e Angeli e demoni. Tra questi, ci sono Claudio Foti, il fondatore della onlus Hansel e Gretel, sua moglie Nadia Bolognini, l’ex responsabile dei servizi sociali dell’Unione comunale Federica Anghinolfi (con un numero di capi di imputazione che fa paura) e anche il sindaco di Bibbiano Andrea Carletti, quello a cui secondo Nicola Zingaretti avremmo dovuto chiedere preventivamente scusa, chissà perché.

Convocati anche 155 testimoni e tra questi il nome di una persona che è ben più che testimone dei fatti: il giornalista Pablo Trincia. Perché senza il suo lavoro di indagine su “Veleno” e quel che accadde di così simile a Bibbiano nella Bassa Modenese, oggi forse Bibbiano sarebbe solo quell’anonimo comune a sud di Reggio Emilia, in cui nessuno si accorge di quello che accade.

Pablo, sarai nella lista testimoni. Cosa vuol dire?

In un convegno a Mirandola si parlava di Veleno, sul palco qualcuno di noi relatori accennò al fatto che nella Val d’Enza stavano succedendo cose analoghe. Non sapevo delle indagini in corso su Bibbiano. Il giorno dopo la Procura di Reggio mi chiamò per sapere cosa sapessi e perché.

Cosa sapevi?

Ero stato contattato da alcuni genitori coinvolti nei fatti dei Bibbiano. Mi aveva impressionato la somiglianza delle due storie, nonostante i 20 anni tra l’una e l’altra. Bibbiano è un’estensione di Veleno: il mondo dei bambini visto attraverso il filtro del complotto, del satanismo, degli abusi, dei poteri forti.

Lo schema è lo stesso.

Sì, tornano perfino le storie sulle sette sataniche usate per suggestionare, oltre che le pressioni psicologiche sui bambini. Solo che mentre in Veleno c’era pochissimo materiale video e audio per provare le accuse, qui abbiamo letto le intercettazioni, sentito i discorsi di psicologi e assistenti sociali grazie alle cimici, visto le chat in cui dicevano che avevano paura, in cui parlavano di “sistema”.

Sono passati 23 anni dalla prima accusa di un bambino a un genitore nella Bassa Modenese. Qualche bambino di quelli che oggi negano quegli abusi è più entrato in contatto con gli psicologi di Hansel e Gretel?

Uno di loro ha scritto un post su Facebook raccontando che Claudio Foti tempo fa, prima della conclusione delle indagini, lo aveva contattato cercando ancora di convincerlo di aver subito abusi, dicendo che io sono un negazionista.

Perché ci sono voluti 23 anni per smascherare questo sistema?

Tra le altre cose perché è un po’ la giustizia che giudica se stessa. Sono decenni che le procure si avvalgono della consulenza di questi psicologi.

Avresti ritenuto possibile di aprire il giornale una mattina e di scoprire che Foti era finito agli arresti?

Mai. Non ho mai pensato che una procura si sarebbe potuta interessare di abusi non dal lato degli “abusati”, ma da quello di chi raccoglieva le loro testimonianze, degli psicologi, degli operatori, delle suggestioni. Questo processo non ha precedenti nel mondo, è storico.

È il processo a cosa, in sintesi?

A un modo di intendere la psicologia, a un sistema di affidi, alla sottrazione illecita di minori, ai pregiudizi e a un mondo che ha sempre avuto l’appoggio, la fiducia di buona parte della magistratura.

Di tutto quello che hai letto negli atti cosa ti ha colpito di più nell’indagine “Angeli e demoni”?

Un’intercettazione in cui un bambino parla normalmente di un genitore e la psicologa sposta sempre il discorso sul sesso. È un caso da manuale: il bambino non viene ascoltato, ma viene trasformato in arma da utilizzare contro i propri familiari.

Sui social hai accusato il Pd di non essersi occupato abbastanza di Bibbiano.

Il Pd non ha fatto altro che difendersi da attacchi che erano sì strumentali, ma non ha aggiunto altro. Mi sarebbe piaciuto sentire il Pd dire: ce ne occuperemo perché questo progetto di Bibbiano è stato sostenuto da noi e saremo i primi a cercare la verità.

Quando sei stato convocato nella commissione su Bibbiano in Emilia Romagna cosa è successo?

Ho visto una sinistra ostile nei miei confronti, che prendeva le difese di quel mondo. Ebbi uno scambio acceso con Silvia Prodi, la nipote di Prodi, che criticò il mio lavoro su Veleno e parlando con lei lì scoprii che non sapeva quasi nulla degli atti e della vicenda. Era una difesa d’ufficio, con tanto di famiglie affidatarie che furono convocate dal Pd. Le stesse che offendono sui social le famiglie naturali.

Qualcuno dice che il processo finirà in una bolla di sapone.

Attenzione. Un’assistente sociale ha già patteggiato a 1 anno e 8 mesi per aver redatto in modo distorto dei verbali su minori. E non era una delle figure di spicco. Non pensò finirà con condanne lievi, ho letto tutto e il quadro probatorio è corposo, con prove solide. Gli stessi video che Foti ha prodotto per discolparsi, lo hanno messo nei guai. Al di là delle sentenze, comunque, questo processo ha acceso la luce su un tema sempre ignorato. Quando lavoravo su “Veleno” nessuno mi ascoltava, dicevo a tutte le persone coinvolte: ‘Non aspettatevi nulla perché qui non succede mai nulla’. E invece.                            (di Selvaggia Lucarelli – Il Fatto Quotidiano)