Il virus come una guerra, perciò serve il fondo perduto: parola di Nobel

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L’Economista americano Stiglitz rilancia una tesi ribadita fin dall’inizio della pandemia dal Banchiere europeo Ghisolfi

Il virus è come una guerra mondiale, e un’economia di guerra mal si concilia con aiuti economici sotto forma di nuovi o maggiori debiti, siano essi pubblici o privati. La Storia della rinascita europea dal 1946 in poi, avvenuta grazie a un mix di interventi epocali fra il piano del Generale americano Marshall e la cancellazione o sospensione a tempo indeterminato del debito dei Paesi usciti sconfitti, lo insegna a chi oggi è chiamato a governare la ricostruzione dopo una quarantena in cui prodotto interno e occupazione sono scesi ovunque; ma, come bene evidenziano i dati in arrivo dal Nord America, stanno risalendo più rapidamente proprio laddove fin da marzo i governi sono intervenuti coprendo con il fondo perduto la quasi totalità delle perdite subite dai fatturati delle imprese e dalle buste paga dei lavoratori.

L’Economista Joseph Stiglitz, Premio Nobel che con le proprie teorie ha contrassegnato gli sviluppi della microeconomia e ha collaborato con risultati lusinghieri con molti Governi di Washington, lo ha ribadito in una propria recente intervista alla Stampa di Torino: di fronte alle macerie di un conflitto, perché tale è stato l’effetto del covid, i prestiti servono soltanto a ostacolare il ritorno alla normalità dei Paesi e delle economie nazionali più colpite e danneggiate, con conseguenze molto negative per l’intero Continente e per le sorti dello stesso principio di solidarietà alla base della fondazione della Comunità economica europea oggi Unione; perciò la sola via d’uscita è rappresentata dai contributi a fondo perduto da collegare a piani di ripresa degli investimenti e della produzione e di conseguente rilancio dei consumi familiari. Una tesi autorevole per confermare una necessità che, proprio a livello microeconomico, è stata sollevata fin da subito dagli imprenditori alle prese con il crollo degli incassi e con la necessità di lasciare a casa i dipendenti e della quale rimane un convinto sostenitore, da marzo a oggi, il Banchiere europeo e scrittore Beppe Ghisolfi.

I Paesi e i territori che hanno adottato provvedimenti di filosofia analoga a quella del 1946 stanno riprendendosi prima di altri, e lo stesso Economista Paolo Savona, attuale Presidente della Consob, nel confermare che ci troviamo in una economia di guerra, ha lanciato non a caso la proposta dei prestiti “irredimibili”, di fatto un fondo perduto. Proprio come avvenuto negli USA, dove una misura condivisa da Governo e Banca Centrale prevede la trasformazione dei prestiti in aiuti di Stato non a debito per le imprese impegnate a mantenere l’occupazione e a riprendere la produzione. Gli Istituti di credito, come ribadito dal Professor Ghisolfi in più occasioni, sono strategiche nello svolgere un ruolo di tesoreria per far giungere più rapidamente il sostegno dello Stato ai lavoratori autonomi e dipendenti in difficoltà, ma non possono essere trasformate per legge, come purtroppo avvenuto in Italia, nelle centrali burocratiche del Governo che le utilizza per concedere non aiuti ma prestiti che rimangono comunque sotto la loro responsabilità.