IMMIGRATI PRESI A SASSATE IN PUGLIA

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SOLO RAGAZZATE? LA DENUNCIA DELLA FLAI CGIL

Il racconto di Valeria D’Autilia su La Stampa (p.11)

Immigrati presi a sassate, mentre andavano a lavoro in bicicletta. Erano appena usciti dai cancelli dell’ex fabbrica di via Manfredonia, struttura abbandonata alla periferia di Foggia dove vivono da anni. Hanno notato alcuni ragazzi, appostati accanto a un’auto scura: probabilmente li stavano aspettando. All’improvviso, il lancio di pietre: pochi secondi per capire che erano in pericolo, senza riuscire a difendersi. Due di loro sono stati feriti alla testa: un senegalese di 33 anni e un cittadino della Guinea Bissau di 26. Sono stati soccorsi e medicati dai sanitari del 118, con una prognosi di qualche giorno. Sono braccianti stagionali, lavorano nelle campagne per la raccolta di arance e pomodori. In città sono conosciuti da tutti: chili ha colpiti sapeva dove trovarli. E ora hanno paura. In passato si erano già registrati fatti analoghi, sempre nei pressi del dormitorio: lanci di pietre o petardi, senza mai colpire qualcuno. Intimidazioni, ma nessun incidente. Tra questi migranti ora c’è preoccupazione. «Ho paura di trovare ancora quei ragazzi» ha detto uno dei feriti. Ed è anche capitato che qualcuno non sia andato a lavoro. L’episodio, infatti, è accaduto in pieno giorno. «Non riescono a spiegarsi il perché di questa violenza». A parlare è Daniele Iacovelli, segretario generale della locale Flai Cgil. Li conosce praticamente tutti e, lui stesso, non aveva mai avuto notizie di episodi analoghi. Al sindacato hanno raccontato di un agguato premeditato. Con l’auto parcheggiata nei pressi del dormitorio e gli aggressori poco distanti. Nella denuncia ai carabinieri risulta invece che la sassaiola sia partita da un’auto in corsa, che li ha affiancati e poi presidi mira. Sull’esatta ricostruzione di quanto accaduto, potranno tornare utili anche i filmati delle telecamere di sicurezza presenti nella zona e le indagini dei militari dell’Arma. I braccianti non sono riusciti a memorizzare la targa dell’auto. Hanno trovato il coraggio denunciare soltanto alcune ore dopo. Troppo scossi e spaventati. Alle forze dell’ordine hanno spiegato quanto accaduto e, perla prima volta, anche degli episodi precedenti. Fino a questo momento avevano preferito tacere, senza fare cenno alle intimidazioni subite. Poi, una volta in caserma, la scelta di raccontare tutto. «Sono un bersaglio facile, frutto del clima politico in cui stiamo vivendo- dice ancora Iacovelli non si può andare avanti così. Questa è stata un’azione punitiva e ci chiediamo cos’altro dovrà accadere, per comprenderne la gravità». In questa piccola comunità, poche decine di persone, varie etnie, molte regole e niente caporali. Contattano direttamente i datori di lavoro e, al termine della faticosa giornata, tornano nella vecchia fabbrica abbandonata. Un lunedì che per loro doveva essere come tanti altri, scandito dalla routine della sveglia prima dell’alba e dalle lunghe ore nei campi della Capitanata. Per pochi euro, sotto il sole di luglio