Impeachment, Trump incassa la prima vittoria: bocciati tutti gli 11 emendamenti democratici

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Donald Trump incassa, con soddisfazione, una prima vittoria sulla vicenda dell’impeachment con il quale gli avversari democratici tentano di azzopparlo politicamente.

La maggioranza repubblicana al Senato ha votato compatta contro tutti gli undici emendamenti proposti dai democratici e ora bocciati in blocco. Compresi quelli sulla richiesta di produrre, fin dall’inizio, testimoni e documenti. Bloccati dalla Casa Bianca nella fase dell’inchiesta alla Camera.

Di conseguenza l’ex-consigliere per la sicurezza nazionale, John Bolton e il capo dello staff della Casa Bianca facente funzioni, Mike Mulvaney, non saranno per ora citati come testimoni al processo d’impeachment del presidente americano.

Ogni emendamento è stato bocciato – salvo uno dove vi è stata una sola defezione – da tutti i 53 senatori repubblicani. Contro i 47 avversari.
Sono state necessarie 13 ore di dibattito. Un lungo braccio di ferro proseguito oltre la mezzanotte.
E, alla fine, il Senato ha approvato le regole del processo d’impeachment.

«Abbiamo un ottimo caso», ha commentato soddisfatto Donald Trump ha commentato arrivando alla sede dei lavori del Wef, a Davos..

I repubblicani hanno imposto un calendario molto serrato. Con l’obiettivo di terminare il più presto possibile il processo.
Appare scontato l’esito di assoluzione. Perché servono due terzi dei voti per approvare l’impeachment.

L’unica concessione fatta ai democratici è stata quella di estendere su tre giorni, invece dei due previsti inizialmente, le 24 ore di tempo concesse ad accusa e difesa per esporre le loro argomentazioni sull’impeachment.

Così alle 13 è partito il procedimento con l’accusa presentata dai “manager” della Camera.
Passati i sei giorni concessi alle parti, i senatori – che fungono da giurati – avranno 16 ore di tempo per interrogarle.

Difesa e accusa avranno, poi, ciascuna, quattro ore per rispondere.

In questa fase si potrà nuovamente votare per richiedere la convocazione di testimoni. Ma i democratici avranno bisogno di convincere almeno quattro repubblicani.

Se anche a quel punto i repubblicani saranno compatti, il processo potrebbe concludersi alla fine della settimana prossima.

Secondo il Washington Post, alcuni democratici stanno pensando ad un possibile accordo sottobanco. Per ammettere a testimoniare anche Joe Biden. O suo figlio Hunter. In cambio della convocazione di Bolton.

L’intero caso dell’impeachment ruota sulle presunte pressioni che sarebbero state fatte da Trump al governo dell’Ucraina, perchè fosse aperta una inchiesta per corruzione sul ruolo di Hunter Biden in una società ucraina.

Tale inchiesta, al di là degli esiti, avrebbe sicuramente danneggiato l’ex-vicepresidente americano. Ora in corsa per diventare candidato democratico alle presidenziali di novembre.

L’atmosfera, comunque, si è subito riscaldata.

John Roberts, il giudice capo della Corte Suprema, che presiede il processo di impeachment, ad un certo punto è stato costretto ad alzare il cartellino giallo da arbitro. E ha ammonito sia i manager democratici, vale a dire i procuratori dell’accusa, che gli avvocati della Casa Bianca.

«Credo che sia appropriato che io ammonisca sia i manager della Camera che gli avvocati del presidente allo stesso modo. E ricordi loro che si stanno rivolgendo al più grande organismo deliberativo del mondo», ha detto il giudice.

Poco prima vi era stato un acceso scambio tra il presidente della commissione Giustizia della Camera, Jerrold Nadler e gli avvocati della Casa Bianca, Pat Cipollone e Jay Sekulow.

«Quando avrò finito, credo che» resistere, «dal primo giorno alla caccia alle streghe», ha detto Trump, parlando del suo procedimento di impeachment, «verrà considerata una delle cose più grandi che ho fatto per il nostro Paese. Queste sono persone cattive e corrotte. Sono persone cattive. E molto negative per il nostro Paese».

Trump ha spiegato che preferirebbe avere un processo di impeachment con testimoni. Anche a costo di allungare i tempi.
Ma, per quanto riguarda John Bolton, mette le mani avanti. E ricorda che c’e’ il problema della sicurezza nazionale.

«Preferirei la via più lunga. Vorrei che testimoniasse Bolton. Vorrei che testimoniassero molte persone», ha detto Trump nella conferenza stampa a Davos.

Una dichiarazione che sembra spiazzare la stessa linea scelta dai suoi alleati repubblicani al Senato con un processo lampo e senza testimoni.

«Per John c’è il problema della sicurezza nazionale», ha poi, però, aggiunto Trump.
E ha ricordato come il suo ex-consigliere per la Sicurezza Nazionale resti vincolato alla riservatezza. Imposta dal privilegio esecutivo.

«Bolton conosce alcuni dei miei pensieri. Sa quello che penso dei leader, che cosa succede se rivela quello che penso di un certo leader . E questo non è molto positivo ed io poi devo gestire la cosa a nome del Paese?», ha detto Trump.