In un’iniziativa al Senato promossa dal vicepresidente della Vigilanza Primo Di Nicola si è parlato di riforma Rai

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In particolare di riforma della governance, ovvero del meccanismo con cui i vertici del servizio pubblico vengono scelti. Ho voluto dare il mio contributo ribadendo il senso di una battaglia che ho portato avanti negli anni in cui ho guidato la commissione di Vigilanza Rai.
E questo perché la Rai è un bene comune: è pubblica e tale deve restare. È una industria culturale preziosa: può e deve essere una bussola capace di guidare il cittadino attraverso l’offerta di una programmazione di qualità, un’informazione indipendente, l’approfondimento efficace delle piccole e grandi questioni che interessano la società.
La Rai è pagata dai cittadini perché ai cittadini risponde. Per questo ha una responsabilità superiore rispetto a quella di qualunque altro broadcaster. Per tenere fede a questo principio è necessario che la Rai si allontani sempre di più dalla politica. È necessario che si spezzi il legame diretto tra esecutivo e azienda. E questo può avvenire tramite un intervento normativo, ma occorre cambiare anche il paradigma culturale. Come la politica deve impegnarsi a fare un passo indietro rispetto alla Rai, serve che la Rai faccia un passo indietro rispetto alla politica facendo dissolvere così un’interdipendenza.
Una legge che riformi la governance può aiutare ma non sarà sufficiente senza un cambio di passo culturale.