Incoraggiare il risparmio a investire in sicurezza nell’economia del Paese

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Amministratore delegato della Fininvest di Silvio Berlusconi negli anni Novanta, lancia una proposta al governo: crei condizioni incentivanti affinché i risparmiatori italiani indirizzino un 10% dei risparmi incamerati sui propri conti correnti liquidi ai piani di reinvestimento delle aziende

Ubaldo Livolsi è un giurista economista che non ha bisogno di essere presentato: è stato amministratore delegato della Fininvest di Silvio Berlusconi negli anni Novanta e in tale ruolo verticistico ha gestito la quotazione a Piazza Affari del gruppo televisivo e finanziario leader nazionale con sede a Segrate Milano.
Nei giorni scorsi, partendo dalle statistiche della Banca d’Italia sulle risorse liquide che le famiglie italiane, titolari di redditi fissi o comunque certi, stanno accumulando sui rispettivi conti correnti, senza poterli o volerli spendere dato il gravame dell’incertezza nel medio e breve periodo, ha lanciato pubblicamente una proposta in coerenza con quella definita “operazione fiducia” dal Banchiere scrittore Beppe Ghisolfi alcuni mesi fa: fiducia perché le premesse devono realizzarsi su base spontanea e volontaria e non obbligatoria e fondarsi sugli incentivi finanziari e psicologici che il governo sarà in grado di creare: se da una parte i Pir, piani individuali di risparmio, hanno dimostrato di saper funzionare, sebbene limitatamente alle società quotate, occorre adesso che indicativamente un decimo di quanto presente sui conti liquidi delle famiglie, ossia 170 miliardi di euro su 1700 totali (in pratica un secondo prodotto interno lordo), possa essere utilmente investito, con strumenti finanziari chiari e tracciabili, nel sistema imprenditoriale diffuso italiano. Un’operazione nella quale il ruolo delle banche a radicamento territoriale sarebbe senza dubbio centrale e diretto ai fini del collocamento di risorse destinate a risolvere strutturalmente il fabbisogno di liquidità creato dal covid al comparto produttivo e pari a 33 miliardi netti, e a far ripartire oltre al capitale circolante, assicurato dal settore del credito tramite il Fondo di garanzia, anche gli investimenti oltre il breve termine. Una misura che farebbe fuoriuscire circa 300.000 imprese dall’area del default regolato dalla nuova direttiva UE in vigore da capodanno e su cui l’associazione bancaria italiana ha espresso più di una preoccupazione.