Infortuni e malattie professionali

0
76

Sulle tutele in favore delle vittime del lavoro e dei loro familiari, il Governo fa finalmente marcia indietro e ripristina il diritto all’integrale risarcimento dei danni. Grazie alle molte sollecitazioni del movimento sindacale e non solo, il Governo ha abrogato le norme contenute nella legge di bilancio n. 145 del 30 dicembre 2018 che, se confermate, avrebbero modificato radicalmente il sistema risarcitorio fino ad ora adottato riducendo in modo consistente la possibilità per gli infortunati e i tecnopatici di ottenere in sede giudiziaria l’integrale risarcimento dei danni alla salute di origine professionale.

“Sin dalla loro approvazione, infatti – spiega Laura D’Amico, consulente legale di Inca nazionale -, compresa la portata di tali modifiche, gli stessi operatori del diritto (avvocati, Magistrati e docenti universitari) hanno espresso pressoché all’unanimità una posizione fortemente critica nei confronti di tali misure, che andavano a colpire chi già era stato vittima di un incidente sul lavoro e sostanzialmente a premiare ‘immotivatamente’, i datori di lavoro. Datori di lavoro che, giova ricordarlo, sempre in base ad ulteriori disposizioni contenute nella Legge di Bilancio, si sono visti ridurre i premi assicurativi per il triennio 2019/2021 di circa euro 1.550.000.000,00”.

Dunque, proprio grazie a questo movimento di opinione e all’impegno profuso in tal senso anche dall’Inca Cgil e da alcune Associazioni di giuristi, il Parlamento, con legge 28 giugno 2019, entrata in vigore il 30.6.2019, cosiddetto decreto crescita, preso atto delle varie osservazioni fortemente critiche, è nuovamente intervenuto provvedendo ad abrogare le modifiche a suo tempo apportate con la Legge di Bilancio e ripristinando pertanto le vecchie norme che sono dunque tornate in vigore. “Un grande, quanto insperato, risultato che non può che stimolare un sempre maggiore impegno della Cgil e del Patronato Inca Cgil in tutte le sue sedi locali sul fronte della tutela individuale dei lavoratori e dei loro congiunti colpiti da infortuni sul lavoro e malattie professionali”, commenta l’avvocato D’Amico.

L’abrogazione parziale del comma 1126, inserita nel decreto crescita definitivamente approvato nelle settimane scorse dal Parlamento, ripristina la validità dell’articolo 10 del Testo Unico n. 1124/55, che fissa le modalità di calcolo del risarcimento in favore dei lavoratori e alle lavoratrici infortunati e tecnopatici, distinguendo tra il sistema degli indennizzi, la cui competenza ricade su Inail, e quello del risarcimento vero e proprio, accessibile in sede giudiziaria quando sia accertata una responsabilità del datore di lavoro nel aver causato un infortunio o una malattia professionale.

Infatti, secondo la norma poi abrogata, il risarcimento sarebbe stato riconosciuto “solo per la parte che eccede le indennità liquidate “complessivamente ed qualunque titolo”, dall’Istituto assicuratore. “Una scelta – spiega Silvino Candeloro, del Collegio di Presidenza di Inca – che avrebbe scoraggiato le richieste del cosiddetto danno differenziale, in sede giudiziale, da parte dei lavoratori infortunati e tecnopatici, privati in questo modo della possibilità di ottenere l’integrale risarcimento dei danni subiti, offrendo alle imprese opportunità di risparmio consistenti, oltre a renderle meno responsabili delle eventuali conseguenze sulla salute dei propri dipendenti”.

In pratica, il Governo ha cancellato la parte del comma 1126 della legge di Bilancio 2018, laddove prevedeva che dall’importo liquidabile in sede giudiziaria dovevano essere sottratti gli indennizzi, “a qualsiasi titolo ed indistintamente”, già pagati da Inail, depotenziando in questo modo la possibilità di ottenere il cosiddetto “danno differenziale”, cioè quella quota di risarcimenti non liquidata dall’Istituto assicuratore ai lavoratori e alle lavoratrici infortunati e tecnopatici. Il Governo ha altresì cancellato la modifica dell’art. 142 del Codice delle Assicurazioni, che avrebbe ulteriormente avvantaggiato le compagnie di assicurazione private, alle quali veniva ampliata la loro possibilità di contestazione di quanto dovuto all’Istituto assicuratore, in sede di rivalsa e, soprattutto, di quanto dovuto al lavoratore a titolo di danno differenziale. “Un risultato per nulla scontato – spiega Silvino Candeloro, del collegio di presidenza Inca – che restituisce il diritto ad ottenere il risarcimento integrale per danni patrimoniali e non, di fronte ad una certificata responsabilità del datore di lavoro, escludendo qualsiasi operazione di compensazione con gli indennizzi liquidati dall’Inail”.

Quello del Governo rappresenta un passo indietro importante, secondo Inca, che tuttavia non cancella del tutto il giudizio negativo sulle misure contenute nella legge di Bilancio, considerate al netto di quelle cancellate, ancora troppo sbilanciate in favore delle imprese. Il patronato della Cgil infatti continua a manifestare forte preoccupazione per la scelta di ridurre i premi assicurativi obbligatori in capo alle aziende e contemporaneamente di diminuire gli stanziamenti per gli investimenti su sicurezza e prevenzione nei luoghi di lavoro, le cui ricadute potrebbero compromettere la già precaria strategia per combattere l’estesa piaga degli infortuni e le malattie professionali.

La scelta di favorire soprattutto le aziende, da parte dell’esecutivo gialloverde è confermata nella decisione di escludere dall’abrogazione la modifica dell’art. 11 del Testo Unico 1124/65, che offre ai datori di lavoro la possibilità di vedersi ridurre dal Giudice gli oneri dovuti all’Inail, “tenendo conto della condotta precedente e successiva al verificarsi dell’evento lesivo e dell’adozione di efficaci misure per il miglioramento dei livelli di salute e sicurezza sul lavoro”. Ciò significa che, diversamente dal passato, il Giudice, a fronte di un comprovato diritto dell’Inail di rivalersi nei confronti del datore di lavoro per quanto già pagato sotto forma di indennizzi al lavoratore, può ridurre quanto spettante all’Istituto assicuratore, in considerazione di un ravvedimento dell’azienda, responsabile dell’infortunio per violazione della normativa antinfortunistica, che abbia nel frattempo apportato miglioramenti in azienda, peraltro, dovuti sempre in base alla legge penale del lavoro.