Innocente Foglio: con la mia poesia ho abbattuto tutte le barriere

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Profonda intervista ad un grande e sensibile artista

Di Ermanno Eandi

Innocente Foglio è un’anima sensibile e raffinata, toccato in tenera età dalla poliomielite, ha combattuto il suo dolore con le alate e sublimi armi della poesia. Oggi è considerato una delle maggiori voci del panorama poetico italiano, tanti sono i riconoscimenti tributati alla sua arte e come sigillo della sua maestria ben due premi Nobel (Eugenio Montale e Gao Xing Jian) hanno tessuto lodi ai suoi versi.

“Sono un persona indaffarata – afferma il poeta – anche quando apparentemente non ho nulla da fare, sono lì che penso alla prossima presentazione, a un gradino che non posso fare che mi limita la mia libertà”

Maestro, come nasce la sua poesia?

Nasce da due fattori principalmente, dal quotidiano e dal fatto che sono un disabile. Ho avuto la poliomielite a tre anni, ho iniziato a camminare dodici e ho smesso di camminare a sessanta, perché ormai posso solo muovermi all’esterno in carrozzina. Però, anche se sovente immobile, ho scavalcato e corso per le mie montagne del bresciano, però dopo tutte queste corse non tornavo purtroppo a casa sudato

Quindi la poesia è stata per lei anche terapeutica?

Questo ci tengo proprio a dirlo non ho mai usato la mia poesia come metodo terapeutico, per questo esistono le farmacie! La poesia è una cosa bella e nobile. Inoltre non mai voluto abbinare la mia disabilità, o peggio la compassione con la mia arte. Non bisogna mai abbassare la testa.

Quanti muri si abbattono e quante barriere si abbattono con la potenza della poesia?

Tanti, bisogna solo avere la voglia di ascoltare. La poesia e la cultura fanno paura, sono armi potentissime, possono abbattere tante barriere. In questi giorni stiamo festeggiando i trent’anni della caduta del muro di Berlino, ma purtroppo ne stanno costruendo molti altri. Ma l’arte e il bello abbatteranno anche questi.

A che velocità corre scrivendo le poesie?

Molto, sono un recordman, potrei partecipare alle Olimpiadi della disabilità e fare dei tempi come i normodotati.

Visto che parliamo di sport, mi racconta la sua avventura con Balotelli?

Tutto è nato dalla repulsione ad un coro dei tifosi bianconeri che diceva “Se saltelli, muore Balotelli” allora io con degli amici, in risposta a quel macabro canto, abbiamo una maglietta con su scritto “Siamo milanisti, abbiamo gli occhi belli e amiamo Balotelli” fu un grande successo. Al contrario di quello che l’opinione pubblica pensa, Mario è timido, erge un muro con gli altri per difendere il suo vero io, giustamente si sente anche africano e combatte contro il razzismo.

Che emozioni ha provato ad avere due premi Nobel che hanno elogiato la sua arte?

Una grandissima emozione, quando Montale mi citò ero molto giovane e fu per me un magico e splendido stupore, mentre Gao Xing Jian lo conobbi a Parigi, lui collaborava con la casa editrice che ha tradotto e pubblicato le poesie in Francia e siamo diventati amici. Di Xing Jian ho un ricordo bellissimo, a casa sua c’era una antica e bellissima macchina da scrivere, io sovente la guardavo e proprio mentre stavo salutandolo per andare via, arrivò la sua governante e mi donò il prezioso oggetto che conservo come una reliquia.

Guardando le foto del suo sito, ho visto persone molto impegnate verso il prossimo, come Don Luigi Ciotti e Maurizio Corona, quando impegno sociale c’è nella sua poesia?

Cerco di restituire ad altri quello che hanno fatto per me e continuano a fare. I ricordi di dolore, l’asprezza di una infanzia da disabile, non può farti avvicinare ed aiutare chi soffre.

Di che colore è la poesia?

Ha i colori dell’arcobaleno della pace. La poesia deve rende serena l’anima. La trovo nella dolce malinconia di un tramonto, in un’alba, in un folgorante bacio di una donna, nelle cose semplici come il profumo delle caldarroste, un nonno che prende per mano un nipotino, basta soffermarsi un attimo…essere lentamente veloci e tendere con gioia la mano a chi rimane indietro.

Sappiamo che lei è stato ospite a Matera…

Un città stupenda, è stata veramente emozionante, una prova tangibile che esiste il soprannaturale. Sono stato ospite per l’anno europeo della cultura, ho conosciuto gente meravigliosa e ho lasciato degli ottimi amici là.

Quale è stata la sua gioia più grande?

A Vienna, tanti anni fa, quando l’Europa unita era composta da dieci stati, ero ospite dell’ambasciata italiana. Era stati selezionati solo dieci poeti, la luce divenne soffusa, io provai un tonfo al cuore e Nando Gazzolo ha recitò la mia poesia “Vorrei che un Cristo”, la mia preferita.

Dopo aver fatto un prezioso racconto del suo passato, facciamo un balzo verso il futuro, mi parla del suo ultimo libro?

Sì, volentieri. Si intitola “Ho bisogno di te” ed edita da Echos Group, è la mia opera omnia, sono cinquant’anni di poesia correlati da alcuni articoli dedicati a me e alla mia arte. Ho presentato il libro per la prima volta a Matera, poi sono stato a Venezia, al Senato della Repubblica, a Brescia e ad Acqui Terme..

Che consiglio darebbe ad un giovane poeta?

Di fornirsi di tanti cestini di carta, per arrotolare tanti tentativi di poesie e tante lettere di rifiuto degli editori, ma nello stesso di combattere sempre per la propria arte. Un altro consiglio cercate di farvi amare.