“Insulti sessisti a Raggi, zero solidarietà”

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Maria Latella, editorialista del Messaggero, lo chiama “silenzio a intermittenza”. Ne ha scritto ieri sul suo giornale e oggi lo ribadisce al Fatto: in politica non tutti gli insulti alle donne sono uguali, qualcuno provoca scandalo e qualche altro passa inspiegabilmente sotto silenzio.

L’ultimo esempio è l’attacco di Matteo Salvini a Virginia Raggi, sbeffeggiata l’altro giorno davanti alla telecamere: “Questa è scema proprio, poverina”. “Quando è capitato a Mara Carfagna o a Maria Elena Boschi – è la versione di Maria Latella – le reazioni delle colleghe parlamentari ci sono state. Per la Raggi, invece, solo silenzio”. Da tutti: politiche, politici, opinioniste e opinionisti, compresi i più attenti ai temi di genere. Perché?

Latella ne fa un discorso di “effetto clan”: “Se si tratta di una persona che fa parte del tuo mondo politico di riferimento, del tuo clan, allora la solidarietà scatta quasi automatica. In caso contrario, diciamo che ci si distrae”. E non può essere una scusante il fatto che l’insulto di Salvini sia un termine riferibile anche a un uomo: “Non è la stessa cosa e non deve essere sottovalutata – ci dice Latella– perché questi insulti servono proprio a screditare la competenza di una donna”. Come a dire che, in quanto donna, non sa far nulla.

L’esempio citato è quello della Raggi, ma situazioni analoghe sono state denunciate più volte da altre esponenti politiche. Al Fatto ne parla Daniela Santanchè, che riconduce tutto allo scontro politico: “Mi sembra chiaro che ci siano insulti di Serie A e insulti di Serie B, a seconda se le insultate sono di destra o di sinistra. È sempre stato così, non mi stupisco. Ma ci sono donne che vanno difese e altre che possono essere insultate liberamente”. Di certo c’è che l’argomento è delicato persino per chi di solito non ha problemi a esporsi sul tema. Una dozzina di giornaliste hanno preferito declinare il nostro invito a parlarne, mentre ancora ieri il caso Salvini-Raggi non meritava particolare attenzione né sui social né sulle rubriche delle migliori firme sul tema. Una risposta viene allora dalla deputata del Pd Monica Cirinnà, a sua volta spesso vittima di attacchi sessisti: “Io ho sempre solidarizzato con le mie colleghe a prescindere dal colore politico, anche se questa volta – ammette– mi era sfuggito l’episodio contro la Raggi. Ma in realtà posso dire che pure nei miei confronti c’è una solidarietà a tempi alterni”. Michela Di Biase, consigliera laziale dem da sempre attiva contro le discriminazioni di genere, riconosce la necessità di farne una battaglia condivisa: “Ho difeso Giorgia Meloni quando le dicevano che non poteva fare politica perché incinta e ho difeso la Raggi dalle orrende prime pagine di Libero nei suoi confronti. Su questo bisogna essere trasversali, dobbiamo lavorare perché la condanna sia comune e superi differenziazioni”. Anche sul caso più recente: “Non ho mai sentito Salvini dare dello scemo a un uomo. In più, Raggi ha l’aggravante di essere giovane”.

Da tutt’altra parte va invece Lucia Annunziata, secondo cui la solidarietà “di facciata” non sposta nulla nel dibattito: “La verità è che nessuna donna è mai difesa abbastanza, né la Raggi né nessun’altra. Magari qualcuna può contare su qualche tweet in più, ma nella sostanza che cambia?”. Il punto, allora, è “che l’insulto alle donne resta l’arma atomica in mano agli uomini”.                                                          di Lorenzo Giarelli