Intelligenza artificiale, la strategia va implementata subito

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Giovedì è stata finalmente pubblicata la Strategia Nazionale per l’Intelligenza Artificiale, elaborata dal gruppo di Esperti selezionati dal MISE. Il documento definitivo vede la luce con un ritardo notevole rispetto ai partner europei e, nelle sue 100 e più pagine di estensione, ha subito pochissime variazioni rispetto alla bozza redatta un anno fa.

Al di là di domandarsi il motivo di questo temporeggiare e tralasciando questioni stilistiche – si nota che è un documento scritto a più mani – la strategia tocca tutti i punti fondamentali, o forse dovremmo dire dolenti, di cosa manca al nostro Paese. È quindi da accogliere a braccia aperte ma soprattutto implementare quanto prima.

Si parla di (mancanza di) skills sia a livello scolastico che professionale, e si propone di aggiornare gli insegnanti ed i programmi, sia delle scuole superiori che di Università e ITS, con un potenziamento di best practices esistenti, come i dottorati industriali. Attualmente le aziende italiane faticano ancora molto a reperire personale specializzato sul mercato interno quindi questo aspetto dovrebbe essere assolutamente prioritario.

Sicuramente l’approccio antropocentrico, che vede l’AI come complementare all’intelligenza umana, è la base valoriale giusta su cui costruire la Strategia, soprattutto se l’AI è usata nel pieno rispetto dei diritti e contro discriminazioni e diseguaglianze. Tuttavia, alcune delle richieste di trasparenza e “auditability” degli algoritmi di AI sono molto difficili da implementare. È giusto provarci, ma bisogna fare attenzione a non impedire l’innovazione con vincoli nazionali più stringenti di quelli europei – come pure quelli legati alla responsabilità civile, tema spinoso che la Commissione Europea sta cercando di risolvere.

La Strategia parla del potenziamento dei vari strumenti legati al Piano Industria 4.0, che hanno già dimostrato la loro utilità ed è bene che siano sottolineate ancora una volta come fondamentali nei ‘verticali’ chiave per il Paese: IoT, manifattura e robotica, servizi come sanità e finanza, trasporti, agrifood ed energia, aerospaziale e difesa, servizi pubblici, cultura. È anche ottima l’idea di rendere strutturale il credito d’imposta su Ricerca e Sviluppo mentre sarebbe stato interessante parlare di come l’AI stia già – e potrà ancora di più nel futuro – proteggere i marchi e il Made in Italy da fenomeni illegali quali la contraffazione, di cui il nostro Paese e i nostri prodotti soffrono particolarmente.

Il ruolo della PA come volano di innovazione è quanto meno ottimista. Fatte salve alcune eccellenze, la PA italiana è molto indietro come digitalizzazione per non parlare di AI, e auspicare che sia la stessa PA per esempio ad annotare dati rischia di creare database di scarsa qualità (con sistemi a rischio di data poisoning). Quindi, sebbene il potenziale sia alto, anche in termini di utilizzo virtuoso dei dati dei cittadini, serve indicare un piano di investimenti concreto, a partire dalla formazione del personale manageriale/gestionale, prima di poter sperare che la PA faccia da traino al resto del Paese. Solo con queste premesse il suggerimento che la PA a livello nazionale, regionale o locale agisca per “challenges” (sfide tecnologiche) per l’allocazione dei fondi potrà avere successo come in altri paesi.

Inoltre, la Strategia rimanda spesso alla necessità di inserire qualunque iniziativa italiana in un quadro europeo, come per esempio l’utilizzo dello schema di Trustworthy AI impact Assessment, in via di definizione a livello europeo, pur ribadendo che l’Italia ha un ruolo specifico per via del suo tessuto manifatturiero unico. Sarebbe stato utopistico fare una strategia senza tener conto delle attività a livello europeo che soprattutto con la nuova commissione von der Leyen prenderanno nuovo impeto.

Non mancano tuttavia le criticità nella Strategia. Come spesso accade in Italia, si punta molto su nuove istituzioni con il rischio di creare una governance farraginosa. La Strategia infatti propone una cabina di regia interministeriale. La cabina di regia è un’idea interessante vista la frammentazione di organi preposti alla gestione del digitale. Ma proprio in questa ottica, visto che esistono già sia un Ministero per l’Innovazione Digitale che l’AGID, si potrebbe provare a capitalizzare su queste strutture esistenti, dando loro ampiezza di poteri e un budget più consistente invece di aggiungere uno strato ulteriore.

Mentre si pensa ad assegnare miliardi ad Alitalia, la strategia prevede “solo” un budget fino ad un miliardo in cinque anni per tutte le azioni previste dalla strategia. Viste le criticità delle finanze pubbliche italiane, tale limite è comprensibile, anche se la Francia ne prevede 1,5 miliardi in 5 anni mentre la Germania ne ha stanziati 3 per 7 anni. Si spera che questo miliardo previsto sia adottato dalla politica – che capisca che le priorità sono più nell’AI che in aziende desuete – e che questi fondi a loro volta sblocchino investimenti privati necessari a raggiungere livelli di altri paesi.

Il focus su AI embedded (ovvero un modello distribuito in cui i dati sono registrati ed elaborati in loco su dispositivi periferici) è sicuramente un angolo interessante e potenzialmente adatto all’Italia, visto il tessuto micro-imprenditoriale italiano, ma non è chiaro come la PA possa essere un volano per questo aspetto né come tale modello sia più sostenibile dal punto di vista ambientale.

Una nota positiva finale è che la strategia prevede un monitoraggio dell’effettiva implementazione delle proposte, che sarebbe una novità positiva in un panorama politico italiano in cui l’accountability sull’implementazione non è abitudine.

Infine, le 82 raccomandazioni sono tante e variegate. Sarebbe stato interessante capire quali siano a detta degli esperti le prioritarie, e le relative tempistiche. Toccherà ora alla politica occuparsene – sperando che non si accumulino ulteriori ritardi in aggiunta a quello occorso nella pubblicazione di questa Strategia, perché il mondo va avanti e l’Italia rischia di restare ancora più indietro.

Giulia Pastorella e Davide Danesi, con il supporto dei Gruppi InnovAzione*

* in particolare di Gianfranco Barone, Alessandro Basile, Andrea Bocchio, Gianluca Conti, David Lacchè, Raffaele Montesarchio, Alessandro Pescini, Fabio Tognella, Massimo Tripodi