Internet : l’affare degli affari

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All’inizio mi sembrava diverso: accedere al world wide web

Come lo si chiamava usando peraltro una metafora falsa, fuorviante (tutta la terminologia informatica lo è e per questo si preferiscono gli anglicismi), almeno era un’avventura. La mediocrità grafica e la lentezza della connessione erano compensate dall’impressione di poter raggiungere persone, istituzioni e imprese che esistevano nella realtà ma altrove, e che altrimenti sarebbero restate al di fuori della mia esperienza. A essere virtuale, insomma, era solo la comunicazione.

Poi la realtà esterna è diventata irrilevante: ormai, per buona parte degli utenti, reale è ciò che vedono sullo schermo e gli basta. Come per i drogati di pornografia, che non se ne servono quale surrogato o supporto per concreti rapporti ma in sostituzione e a preferenza di quelli. Contestualmente l’internet è diventato esclusivamente un giro d’affari, anzi l’affare degli affari, monopolizzato da poche multinazionali (le più ricche del mondo e tutte americane), nonché una palestra di avidità e arrivismo per i vincenti e di paranoie e complottismi per i perdenti.

Ancor peggio, è diventato mortalmente noioso, prevedibile, inautentico. Una finzione che pretende di essere considerata vera, dunque esentata da riscontri fattuali ma al tempo stesso priva di immaginazione; in sostanza un deposito di cazzate livellate verso il basso per accontentare chi non ha interessi e non vuole averne, contento di vegetare nella sua zona di conforto e di indifferenza.

Quanto tempo sprecato a ipotizzare distopie in cui le macchine cominciavano a pensare come gli umani e prendevano il potere; mentre è ovviamente così più semplice ipotizzare un mondo in cui siano gli umani a pensare come macchine e a lasciarsi programmare (desideri, consumi, emozioni) dai media e da chi li possiede.

Guardo le icone del programma di navigazione e del motore di ricerca e sono già stufo.

PS A evitare equivoci. Non si tratta di demoralizzazione. Si tratta di restare vigilanti e lucidi, si tratta di rifiutare le imposizioni mediatiche delle multinazionali superando la paura di sentirsi inattuali, superati, non al passo con i tempi. C’è ovviamente del buono nella tecnologia ma non nel modo in cui viene gestita per arricchire pochi miliardari e i loro cortigiani e contestualmente instupidire la gente.

Francesco Erspamer