IRAN E LA NUOVA GUERRA DEL PETROLIO

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L’attacco dei ribelli houthi alle raffinerie saudite, cuore dell’export del Regno, ha provocato in un sol colpo, il dimezzamento della capacità produttiva del paese che corrisponde ad un calo della produzione mondiale di oltre il 5%, quindi un aumento del prezzo di cui ci accorgeremo già nelle prossime ore, ai distributori di benzina.

I colpi assestati dai ribelli houthi nelle ultime settimane, allargano il fronte del conflitto, non più solo al territorio yemenita, ma anche a quello saudita. Ciò che accade non può non coinvolgere l’Iran che sostiene indirettamente gli houthi. Il rischio dell’allargamento del conflitto è dietro la porta, con effetti devastanti sull’economia mondiale, oltre che sulla vita di milioni di persone.

Quello di cui continuiamo a non accorgerci è un conflitto che miete vittime civili da 4 anni e non accenna a placarsi. La guerra iniziata nel 2015 dalla coalizione a guida saudita è sfociata in una carneficina che colpisce la popolazione, ridotta alla fame dall’embargo e dai bombardamenti.

Un interessante articolo apparso oggi su Linkiesta mette in evidenza come l’attacco indiretto dell’Iran non è soltanto contingente e limitato nel tempo.
Si tratta di un vero e proprio scacco matto alla Vision2030 del Principe Mohammed bin Salman e alla sperata privatizzazione di Aramco.

L’Italia, ne sono certo, lavorerà per porre fine alle ostilità e tornare al dialogo, ma rimane da chiedersi seriamente se la nostra dipendenza dal petrolio ci renda davvero un paese libero, considerando che i mercati hanno già segnato un picco di 10$ barile in rialzo che si sta assestando in queste ore vero i 5$barile (indici BRENT).