Italia «lumaca» in Europa per crescita dei salari

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L’Italia è agli ultimi posti in Europa per incremento del costo del lavoro orario e, soprattutto, delle retribuzioni. L’ultimo dato disponibile, reso noto da Eurostat e riferito al terzo trimestre 2019, vede il nostro paese al terzultimo posto, con un incremento rispetto all’anno precedente dell’1,6% per quanto riguarda il costo orario e dell’1,3% per i salari, esattamente la metà della media dell’area euro e poco più di un terzo rispetto all’Ue a 28.

Solo Lussemburgo e Finlandia registrano incrementi inferiori, mentre in tutti gli altri paesi europei il costo del lavoro e le retribuzioni sono cresciute molto di più. A farla da padroni sono i paesi dell’Est – Romania +13,2%, Ungheria +10%, Bulgaria +9 – ma anche economie avanzate, come Germania e Regno Unito, registrano incrementi ben più ampi (rispettivamente +3,1% e +3,9%).

A frenare la crescita delle retribuzioni in Italia sono i tantissimi contratti nazionali scaduti. Secondo il recente rapporto del Cnel nel corso del 2020 scadranno 126 contratti nazionali che interessano milioni di lavoratrici e lavoratori, mentre a fine 2019 sono scaduti i tre Ccnl più corposi tra quelli in essere nel privato: terziario, distribuzione e servizi (2,4 milioni di addetti), aziende metalmeccaniche (1,4) e logistica (470.000). La percentuale dei lavoratori in attesa di rinnovo oscilla, sempre secondo il Cnel, dal 78 per cento nel settore metalmeccanico al 13-15 per cento nel chimico e nelle aziende di servizi.

Non va meglio ai lavoratori pubblici, il cui contratto è scaduto da un anno. Le risorse stanziate nella legge di bilancio, pari a 3,375 miliardi fino al 2021, sono considerate insufficienti da Cgil, Cisl e Uil, perché coprirebbero un aumento salariale di circa il 3,5%.

“Non rinnovare i contratti è uno schiaffo in faccia ai lavoratori – ha dichiarato Tania Scacchetti, segretaria confederale della Cgil –. Significa alimentare sfiducia, insicurezza, indebolire la qualità della vita di chi lavora, le diseguaglianze. Significa non dotarsi dell’unico strumento utile a ridurre invece le disuguaglianze, a gestire le trasformazioni, a governare il mercato del lavoro, a mettere al centro la sicurezza e la formazione”. “”Più si ritardano i rinnovi – fa notare la sindacalista – più si deve recuperare potere d’acquisto: dovrebbe esserci maggiore sensibilità dalle parti datoriali”.